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Spiegazioni Variazioni S.Messa dal 29 novembre 2020

Dall’atto penitenziale, al Gloria in excelsis; dal Padre Nostro, all’invito alla SS.Comunione: ecco come cambiano le formule del rito della Messa a partire da domenica 29 novembre 2020…

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.Comunità parrocchiale Ss. mm. Gervaso e Protaso
DAL 29 NOVEMBRE 2020 VARIANO ALCUNI TESTI
DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

Il 29 novembre 2020 entra in vigore in tutte le Diocesi lombarde la terza edizione del Messale Romano, che fa alcuni ritocchi al Rito della Messa.

Poiché questi mutamenti verranno recepiti anche dalla prossima edizione del Messale ambrosiano ancora in preparazione, l’Arcivescovo ha stabilito che anche le comunità di Rito Ambrosiano, a partire dalla stessa data, adottino il nuovo Rito della Messa previsto dal Messale Romano nelle parti comuni ai due Riti.

Il primo cambiamento significativo riguarda l’aggiunta nelle formule inziali, in particolare nella preghiera del Confesso a Dio onnipotente, di “fratelli e sorelle”…. Questa aggiunta sarà presente anche nelle preghiere eucaristiche, al momento del ricordo dei defunti.
L’aggiunta di «sorelle» risponde a un preciso criterio di verità delle realtà umane. La normale assemblea liturgica è infatti composta di uomini e donne. Se finora bastava parlare di «fratelli» per includere tutti, maschi e femmine, i vescovi italiani, a motivo della sensibilità ecclesiale e civile odierna, hanno ritenuto opportuno esplicitare il riferimento alla parte femminile dell’assemblea liturgica anche per meglio evidenziare, davanti al Signore e alla comunità, la pari dignità dell’uomo e della donna.

Un altro cambiamento importante si ha nel canto dell’inno del Gloria (che non c’è nel periodo di Avvento e Quaresima).
In questo inno cambia l’espressione “uomini di buona volontà” con ”uomini, amati dal Signore”. Il motivo del cambiamento è squisitamente biblico. Il testo greco del canto degli angeli (nel Vangelo di Luca 2, 14) usa l’espressione «agli uomini della (sua) benevolenza», che l’ultima versione ufficiale della Bibbia traduce:
«agli uomini che egli ama». Tenendo conto che l’espressione “amati dal Signore” per numero di sillabe e accenti tonici, può essere sostituita al testo finora in uso senza creare problemi di cantabilità nelle melodie già esistenti si è deciso di adottare quest’ultima espressione.

La preghiera del Signore (il “Padre nostro”) presenta due cambiamenti rilevanti, nella sua parte finale:
«come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male».
Perché andare a toccare la versione italiana in uso nella liturgia dall’inizio degli anni ’70? La scelta dei vescovi è carattere di carattere pastorale. Il verbo originale usato da Matteo («eisféro»), significa «portare verso» o «portare dentro» e quindi anche «indurre» in senso etimologico. Il problema nasce dal fatto che al nostro orecchio moderno l’espressione “indurre in tentazione” porta a pensare che il Padre spinga, e in qualche modo provochi alla tentazione, consegnando un’immagine di Dio non pienamente evangelica. Ecco allora la ricerca di espressioni diverse da quello in uso come, ad esempio: “e non metterci alla prova” oppure “e non lasciarci entrare in tentazione” (nel Messale francese) e ancora “e non lasciarci cadere in tentazione» (nel Messale spagnolo). La scelta italiana ha preferito “e non abbandonarci alla tentazione” come espressione che esprime allo stesso tempo la richiesta di “essere preservato dalla tentazione” e di “non essere abbandonato alla forza della tentazione”.
Va infine aggiunto che – per fedeltà al greco (ós kaí ) e al latino (sicut et ) – la traduzione italiana chiede di aggiungere un “anche” (“come anche noi li rimettiamo”).
Qualsiasi cambiamento ci torna sempre piuttosto difficile. Quello che possiamo fare oggi è educarci e abituarci alla nuova formula, ribadendo che questo mutamento non ha il significato di una contrapposizione con la versione precedente (come se finora avessimo sbagliato a pregare), ma chiarificatore e facilitatore (quello che abbiamo detto per molto tempo è più facilmente comprensibile nel suo giusto significato).

Anche l’invito alla comunione, che prevede la risposta dei fedeli: “O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola e io sarò salvato” è riformulato come segue: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello!”
La nuova formulazione riallinea l’italiano al testo originale latino che dice così: “Ecce Agnus Dei, ecce qui tollit peccáta mundi. Beáti qui ad cenam Agni vocáti sunt”. In tal modo la dichiarazione circa l’identità del pane consacrato torna in primo piano, mentre la beatitudine rivolta a coloro che sono invitati alla comunione va a chiudere l’invito stesso.
La nuova formulazione della beatitudine (“Beati gli invitati alla cena dell’Agnello”) riprende direttamente la citazione del libro dell’Apocalisse (19, 9). Il banchetto della comunione eucaristica si apre così alla profezia del banchetto della fine dei tempi, alla tavola del regno promessa da Cristo: “Io preparo per voi un regno… perché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno”.
Il piccolo cambiamento della formula di invito alla comunione frenerà per qualche tempo l’intervento tempestivo dei fedeli. Occorrerà abituarsi…
Anche le preghiere eucaristiche
– nel cuore della celebrazione – si presentano con diverse modifiche del testo per una migliore corrispondenza dell’italiano all’edizione originale latina, là dove una maggiore fedeltà al testo latino si apporta una maggiore precisione nel contenuto e un arricchimento di significato.

Viviamo questi piccoli e grandi “cambiamenti” in una prospettiva di fede, fidandoci di chi li ha pensati, li ha discussi lungamente e si è confrontato con studiosi e teologi perché il popolo di Dio possa con una profondità sempre maggiore attraverso le parole che pronuncia (lex orandi ) alimentare la propria fede (lex credendi ).

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