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Commento alla Parola: 7.12.2020 – 12.12.2020

Lunedì 7: Sir 50, 1a-b(cfr); 44, 16a. 17ab. 19b-20a. 21a. 21d. 23a-c; 45, 3b, 12a. 7.
15e-16c; Sal 88 (89); Ef 3, 2-11; Gv 9, 40a; 10, 11-16
S. Ambrogio
«Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me» (Gv
10, 14)
Tra pastore e pecore c’è un rapporto quasi simbiotico, caratterizzato da una
strettissima interdipendenza. Per il pastore le pecore sono tutta la sua vita, lo
nutrono con il loro latte, lo riscaldano con la loro lana, gli permettono di guadagnare
quanto gli serve per vivere. Per le pecore il pastore è la garanzia di vita, di protezione
e di guida: dona loro il recinto, i prati con l’erba fresca, le conosce ad una ad una,
vigila sulla loro salute e sulla loro incolumità. In sintesi, c’è una specie di corrente di
amore che li lega. Un’icona ricca e immaginifica, sulla quale è bello sostare per
pensare al nostro rapporto con Gesù.

Martedì 8 : Gn 3, 9a. 11b-15. 20; Sal 86 (87); Ef 1, 3-6. 11-12; Lc 1, 26b-28
Immacolata Concezione
«Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea,
chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di
nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria». (Lc 1, 26-27)
C’è una giovane donna che sta vivendo la sua vita, piena di sogni e speranze. É
“promessa sposa” ovvero in lei si fa strada un percorso che disegna il futuro, una
direzione prevedibile, con dei passi che i più sentono di poter immaginare con poco
margine di dubbio. Ecco, proprio in questa vita irrompe l’imprevedibile. Un angelo di
Dio porta un saluto che avvolge e trasforma. La vita di questa donna si prepara al
cambiamento ed esprime, pur nello stupore, la fiducia di lasciarsi accompagnare
verso qualcosa di veramente nuovo. Nella vita di oggi, in ogni vita degli uomini, il
modo di chiamare di Dio può essere un saluto che chiede una trasformazione
profonda, che incide più di una comunicazione telematica, che chiede e offre ascolto
senza complicate mediazioni. A noi tutti è offerto il dono di poter ascoltare tra tante
voci il saluto di Dio che riempie di grazia e che chiama ad un salto di qualità verso la
pienezza della vita.

Mercoledì 9: Ger 11, 1-8; Sal 77 (78); Zc 10, 1-5; Mt 21, 10-17
«Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano;
rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe» (Mt21, 12)
Un gesto profetico di Gesù, che suscita interrogativi. Cosa ne è della sua mitezza? Ho
trovato questa risposta: “Gesù compie un’azione simbolica durissima, che resterà
unica nella sua vita, un gesto che esprime una forza straordinaria d’ira, che poi
diventerà la mitezza dell’Agnello immolato. Allora lascerà che l’ira si riversi su di sé
perché il suo essere immagine del Padre lo farà reagire in maniera divina,
perdonando e giustificando. L’ira di Gesù è anche la nostra, è il nostro intenso dolore
perché l’Amore non è amato, perché la luce viene spenta e soffocata, la vita
dell’uomo dichiarata senza senso, la dignità della persona calpestata. Ma pur essendo
sdegnati, non reagiamo facendo uso delle armi, scegliamo invece la via evangelica
dell’umiltà e della mitezza”.

Giovedì 10: Ger 16, 19-21; Sal 15 (16); Zc 10, 6-9; Mt 21, 18-22
«Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete» (Mt 21, 22)
Capita di ascoltare racconti che lasciano stupefatti. Persone che chiedono a Dio, con
una forza invincibile, con insistenza e con le lacrime, e vedono realizzati sogni
impensati, gravidanze che nessuno medico avrebbe mai ritenuto possibili. Trovano
l’energia per affrontare grandi dolori, momenti terribili, in cui ogni speranza sembra
del tutto svanita e invece, aggrappandosi a Dio, sperimentano che Lui è davvero il
maestro dell’impossibile e porta a compimento l’inimmaginabile. Forse conosciamo
poco la potenza della preghiera appassionata, se pregassimo con l’amore di un madre
che supplica per il proprio figlio, vedremmo davvero miracoli e conosceremmo meglio
di cosa Dio è capace nel suo amore per noi.

Venerdì 11: Ger 17, 19-26; Sal 14 (15); Zc 10, 10 – 11, 3; Mt 21, 23-27
«Gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero:“Con quale
autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?”» (Mt 21, 23)
Gesù riesce a rispondere a questa domanda senza rispondere. Quelle parole hanno
solo l’apparenza di una domanda, in realtà i suoi avversari non vogliono sapere o
capire, non cercano una risposta. Perciò Gesù sposta all’improvviso la conversazione
su Giovanni Battista e l’imbarazzo di sacerdoti e anziani nel rispondergli manifesta le
reali intenzioni del loro cuore. Alla fine tutto diventa chiaro e questa diatriba ottiene
l’effetto di accrescere l’autorevolezza di Gesù maestro agli occhi dei presenti.
Nell’ascolto profondo, che sull’esempio di Gesù vogliamo vivere con ogni persona,
occorre non fermarsi al dettato delle parole espresse, ma comprenderne le
motivazioni interiori. Anche questo è amore.

Sabato 12: Ger 23, 1-8; Sal 88 (89); Eb 11, 1.2. 39 – 12, 2a; Mt 21, 28-32
B. Vergine Maria di Guadalupe
«In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto» (Mt 21, 31-32)
Davvero singolare il metro di giudizio di Gesù, così diverso dal nostro. Noi valutiamo le persone a partire dalla loro rispettabilità e onorabilità, da quanto hanno finora dimostrato. Gesù invece guarda alla loro disponibilità ad ascoltare, a convertirsi. Infatti nel primo caso il cammino di fede può ristagnare e, di fronte alle novità di Dio, bloccarsi. Mentre nel secondo caso chi era apparentemente molto indietro, se si mette in cammino, può raggiungere e superare di gran lunga chi ritenevamo migliore. Gesù non ci chiude mai nel nostro passato, ma crede nelle potenzialità che Lui stesso accende in cuore a chi lo segue, in ogni istante della vita.

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