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Commento alla Parola 26.6.2023 – 01.07.2023

lunedì 26: Dt 4,21-31; Sal 88 (89); Lc 6,39-45
«Disse loro anche una parabola: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro”» (Lc 6, 39-40)
Occorrono maestri fidati per non finire nel fosso. Occorre saperli scegliere e non lasciarsi facilmente abbindolare: noi saremmo le vittime. Il magistero di Gesù è molteplice e continuo, grazie allo Spirito che è in noi non smette di parlare al cuore. La Sua voce a volte è tenue, perché assordata da mille altri rumori che si sovrappongono, ma se ci fermiamo ad ascoltare diventa sempre più chiara. C’è poi un altoparlante: il fratello con cui tendiamo insieme alla santità. Nell’amore reciproco il Risorto parla, ne riconosci la voce e dubbi e incertezze si diradano come la nebbia al sole.

martedì 27: Dt 12,2-12; Sal 62 (63);Lc 7,1-10
«Quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, Gesù entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo» (Lc 7, 1-3)
C’è un tempo per parlare e un tempo per agire. Gesù passa immediatamente dal magistero della parola alla guarigione dei malati poveri: sono due espressioni diverse della stessa cura. Ci sono cuori che hanno sete di speranza e ci sono corpi che attendono sollievo e vita. È sempre lo stesso sporgersi di Dio sull’uomo bisognoso. Le parole di verità e la concretezza della vita si tengono per mano. Quando riusciamo a viverle entrambe, nei momenti in cui veniamo richiesti, sperimentiamo il Vangelo nella sua completezza e conosciamo la gioia.

mercoledì 28: Dt 16,18-20; 17,8-13; Sal 24 (25); Lc 7,11-17
«Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Ragazzo, dico a te, àlzati!”. Il morto si mise seduto e cominciò a parlare» (Lc 7, 14-15)
Ci sono dei dolori nella vita che ci paralizzano, ci sembra di non poter più nulla per sollevarci. È questo il momento di affidarsi, solo il Signore ha la forza sufficiente per farci rialzare. A volte però non ascoltiamo subito la Sua voce che ci dice: «Alzati», ci sembra impossibile farlo, opponiamo resistenza. Eppure il Suo amore è lì pronto a dare significato ad ogni nostra pena. Occorre lasciarsi portare dove Lui ci conduce e scopriremo così la strada per uscire dalle tenebre. Spesso non si tratta di percorsi veloci anche perché dobbiamo cambiare dentro e non è facile. Ma la Speranza è la certezza che ciò succederà.

giovedì 29: At 12,1-11; Sal 33 (34); 1Cor 11,16 – 12,9; Gv 21,15b-19
«Gli disse per la terza volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”, e gli disse: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecore”» (Gv 21, 17)
Alla terza volta in cui Gesù ripete la stessa domanda Pietro abbassa la guardia. Smette di professare soltanto il desiderio del cuore, indirizza lo sguardo verso la sua fragilità e riconosce di non essere capace. Voleva amare Gesù con tutto se stesso, ma non ci è riuscito e ha rinnegato. E forse si accorge che non si è trattato di un caso. Ha capito di non esserne capace. Quando tocca con mano la sua impotenza Gesù lo riconferma definitivamente e gli può parlare, profetizzando il suo futuro e chiedendogli ancora di seguirlo. Gesù sa che non avrà mai discepoli fedeli e perfetti, ma li ama comunque. E punta su quelli che sono davvero consapevoli di non farcela.

venerdì 30: Dt 24,10-22; Sal 18 (19); Lc 7,24b-35
«A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”» (Lc 7, 31-34)
Spesso questi bambini capricciosi siamo noi. Quando non siamo mai contenti di ciò che abbiamo, ma vediamo sempre un risvolto negativo possibile. Il Signore ci chiede di saper godere delle piccole gioie, di mangiare e bere con Lui e con gli altri. Per assomigliare a Gesù occorre ogni giorno vivere ciò che di bello la vita ci offre e aiutare gli altri a non lamentarsi in continuazione. È vero, siamo circondati da cose brutte, basta ascoltare un telegiornale per convincerci, ma ce ne sono altrettante belle, piccole o grandi di cui nessuno parla. Alla sera oltre a chiedere perdono per ciò che di negativo abbiamo compiuto, ringraziamo per il positivo incontrato nella giornata. Esercitiamoci a trovare almeno tre motivi per essere contenti e piano piano i nostri occhi impareranno a guardare in modo diverso.

Sabato 1/7: Lv 21,1a.5-8.10-15; Sal 97 (98); 1Ts 2,10-13; Lc 4,31-37
«Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?» (Lc 4, 36)
Oggi più di un tempo siamo invasi da parole. La televisione ci riempie le giornate delle parole di opinionisti, politici, virologi che oltre ad informarci rischiano di annebbiare la nostra capacità critica. Poi se, passato il momento storico, riascoltiamo ciò che è stato detto lo sentiamo lontano, superato. Non è così della Parola di Gesù sempre fresca da duemila anni, che scende direttamente al cuore e ci dona interrogativi profondi e pace. Lo stesso brano di Vangelo riletto in tempi diversi ci dà sempre risposte nuove e rimane costantemente attuale, perché ci parla di verità eterne.

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