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Commento alla Parola: 21.12.2020 – 26.12.2020

Lunedì 21: Rt 2, 19 – 3, 4a; Sal 17 (18); Est 7, 1-6; 8, 1-2; Lc 1, 57-66
«Egli chiese una tavoletta e scrisse: “Giovanni è il suo nome”. Tutti furono
meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava
benedicendo Dio» (Lc 1, 63-64)
Nove mesi di silenzio. Forse erano necessari tutti a Zaccaria per sedimentare le
emozioni dell’incontro con l’angelo, per smettere di lamentarsi di aver subito
un castigo eccessivo, per riconoscere la sua poca fede, per superare il dispetto
di aver esitato, per riconciliarsi anche con se stesso, per entrare finalmente in
questa storia incredibile, ancora avvolta da tanto mistero, che portava però
l’impronta inconfondibile dell’agire di Dio. C’è bisogno di tempo. Non basta
infatti capire ed agire subito. Occorre interiorizzare gli eventi, lasciarsi guarire
e riplasmare dallo Spirito santo, per entrare in un nuovo ordine di idee.
Silenzio e meditazione della Parola e degli eventi sono sempre indispensabili.
Solo dopo possono uscire parole nuove e luminose dalla nostra bocca.

Martedì 22 : Rt 3, 8-18; Sal 106 (107); Est 8, 3-7a. 8-12; Lc 1, 67-80
«Ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle
tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace»
(Lc 1, 78-79)
Il canto commosso di Zaccaria, che ha appena ritrovato la parola, spazia lungo
tutta la storia di Israele e la ricomprende alla luce di ciò che sta avvenendo
sotto i suoi occhi. Vede in sintesi l’opera di Dio e profetizza il dono imminente
dell’arrivo del Salvatore. Solo lo Spirito santo può aprirci gli occhi su ciò che
Dio opera. Nei giorni complessi che stiamo vivendo c’è bisogno per tutti di una
pausa contemplativa, silenziosa. Altrimenti ripeteremo soltanto ciò che tutti
dicono, le parole che altri ci mettono in bocca. Occorre ascoltare Dio, per poi
seminare scintille che accendono la gioia.

Mercoledì 23: Rt 4, 8-22; Sal 77 (78); Est 9, 1. 20-32; Lc 2, 1-5
«Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di
Davide chiamata Betlemme» (Lc 2, 3-4)
Viaggi non voluti. Scomodità. Imprevisti. Ingiustizie. Li conosciamo, ne
abbiamo fatto esperienza, tutti sappiamo quante rimostranze dobbiamo
sopire in noi in quei momenti, per non dare sfogo alle lagne. Sembrano tempi
inutili, perdite di tempo. Eppure sono proprio queste la cornice storica in cui
Dio decide di incarnarsi, di farsi uomo. Il Natale imminente ci insegni a non
maledire mai i tempi difficili e scomodi. Oggi ripresentiamo Gesù che sta per
nascere con i nostri presepi teneri, dolci e sognanti. Ma partorire lì dove
capita, deporre il neonato in una rozza mangiatoia, con poca paglia poco
profumata, rompe una certa magia. Ma sopra di tutto si rimane incantati e
muti nel vedere che l’altissimo Dio non disdegna di venire ad abitare nei luoghi
più dimenticati.

Giovedì 24: Eb 10, 37-39; Sal 88 (89); Mt 1, 18-25
«Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo
del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1, 24)
Giuseppe riceve l’annuncio della venuta di Gesù suo malgrado, come Maria. È
un dono enorme che sta per ricevere, ma non se ne rende conto. I doni del
Signore non vanno capiti subito, vanno accettati come tali, pronti anche a
pagarne le conseguenze. Occorre tenersi sempre pronti all’accoglienza: quello
che oggi ci sembra qualcosa di particolarmente gravoso, domani potrebbe
rivelarsi come l’occasione più grande della nostra vita. Chi vuole pianificare
ogni attimo, agire sempre valutando le conseguenze senza rischiare, in realtà
rischia di lasciarsi passare accanto dei doni senza saperli cogliere.

Venerdì 25: 1 Gv 1,1-10; Sal 96 (97); Rm 10, 8c-15; Gv 21,19c-24
«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14)
Dio si è incarnato, ha accettato le nostre debolezze, le nostre fatiche, la morte.
Per accoglierlo occorre staccare gli occhi da noi stessi per rivolgerli verso di
Lui. Solo dimenticandosi e gettandosi nel Suo amore è possibile essere felici ed
essere pronti a vivere le prove che incontriamo. In questo giorno ci è chiesto di
contemplare la sua gloria, ma anche la sua umiltà: si è fatto nulla per nostro
amore e per essere come noi. Con l’incarnazione Dio sceglie di non essere
fuori dalla storia, ma di percorrerla con noi condividendone tutti i pesi.

Sabato 26: At 6, 8 – 7, 2a; 7, 51 – 8, 4; Sal 30 (31); 2 Tm 3, 16 – 4, 8; Mt 17, 24-27
S. Stefano (primo martire)
«E Gesù replicò: “Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’
al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi
troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per
te”» (Mt 17, 26-27)
Gesù sa che potrebbe non pagare la tassa per il tempio, ma non vuole scandalizzare
nessuno. È una delicatezza nei confronti degli altri anche l’impedire che pensino
male. Fa parte dell’amore preoccuparsi sempre di quale reazione possa creare negli
altri il mio comportamento e magari indurire inutilmente i cuori. Anche quando so
di essere nel giusto, è meglio cercare di capire gli stati d’animo di chi mi sta intorno
e cercare di chiarire sempre tutto alla luce della verità.

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