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Commento alla Parola 13.11.2023 – 18.11.2023

lunedì 13: Ez 1,1-12; Sal 10 (11); Gl 1,1.13-15; Mt 4,18-25
«Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini» (Mt 4, 18-19)
Da pescatori a pescatori di uomini. Da persone occupate essenzialmente di assicurarsi il necessario per vivere, a persone che coinvolgono altri nella grande avventura di trasformare l’umanità. Gesù promette così una produttività diversa. L’obiettivo non è più quello di accumulare beni o inseguire posti prestigiosi, o allargare gli spazi del proprio potere sugli altri. È invece guardare ai bisogni, alle ferite, ai desideri profondi degli uomini e chinarsi su di loro, correre in loro aiuto per guarirli, investendo in questa direzione tutte le proprie energie migliori, coinvolgendo altri in questa impresa di regalare al mondo la gioia del Vangelo.

martedì 14: Ez 1,13-28b; Sal 96 (97); Gl 2,1-2; Mt 7,21-29
«Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia» (Mt 7, 24-25)
Vivere la Parola di Gesù non è un talismano contro la sventura, né la garanzia di una vita al riparo dalle sofferenze. Gesù spiega bene con questa parabola che la Parola vissuta permette di fare della vita una casa solida che si costruisce giorno dopo giorno, che non teme di essere travolta dagli urti della vita. È un reggere anche in mezzo a mille difficoltà che potrebbero a volte assediare da ogni parte, continuando ad essere un faro che illumina anche nelle tempeste, una casa in cui ci si sente sempre accolti e incoraggiati, diventando un riferimento attraente e autorevole, che indica la strada giusta anche quando non saremo più quaggiù.

mercoledì 15: Ez 2,1-10; Sal 13 (14); Gl 2,10-17; Mt 9,9-13
«Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì» (Mt 9, 9)
La misericordia di Gesù che raggiunge Matteo ha caratteristiche sorprendenti. Ne sottolineo una. Matteo è chiamato mentre sta facendo qualcosa di molto sbagliato. Mentre siede al banco del suo lavoro odioso e odiato non è raggiunto da un rimprovero, che sarebbe stato comunque meritatissimo. È invece guardato come una persona con la quale è bello e desiderabile stare insieme, è invitato a diventare un amico speciale di Gesù, a condividere i sogni immensi di quella persona che era ammirata da tutti. La misericordia è ancora più grande del perdono: è aver fiducia, coinvolgere chi non se lo merita in qualcosa di grande.

giovedì 16: Ez 3,1-15; Sal 75 (76); Gl 2,21-27; Mt 9,16-17
«Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano» (Mt 9, 17)
La conversione che Gesù chiede ogni giorno a chi lo segue non è un semplice aggiustamento di qualcosa di disordinato, né un ultimo ritocco di un lavoro quasi perfetto. È un rinnovamento interiore completo. Questo lo può fare solo lo Spirito quando Lo accogliamo in noi con totale fiducia, fino a dargli in mano il volante della nostra vita. La conversione infatti non è fatta di decisioni drastiche, ma di abitudini nuove, diverse, di un nuovo modo di vivere, che può avvenire solo se ci lasciamo cambiare la mentalità, il modo di vedere la propria vita e il mondo alla luce del Vangelo di Gesù.

venerdì 17: Ez 3,16-21; Sal 50 (51); Gl 3,1-4; Mt 9,35-38
«Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» (Mt 9, 36-38)
Ogni apostolo del Vangelo è il frutto dello sguardo di Gesù sull’umanità. Da un lato è uno sguardo di infinito dolore nel vedere negli uomini smarrimento, confusione, solitudine, ferite del corpo e del cuore, quel sentirsi svuotati che ciascuno di noi conosce e che solo Lui sa come riempire. E contemporaneamente un desiderio irrefrenabile di porre rimedio, di tendere la mano per risollevare una generazione come la nostra di oggi che “rischia di non credere più che la vita sia bella, che il futuro sia desiderabile, che l’amore duri per sempre, che la pienezza della gioia sia dono sperimentabile dell’amicizia con Gesù” (Mario Delpini).

sabato 18: Ez 3,22 – 4,3; Sal 129 (130); Eb 5,1-10; Mt 10,1-6
«Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità» (Mt 10, 1)
Gesù invita gli apostoli accanto a sé, coinvolgendoli nel Suo mondo, mettendo a loro disposizione i Suoi poteri, perché la Sua opera si moltiplichi e si irradi dappertutto. I poteri di Gesù non hanno nulla di magico, non sono trasmessi per stupire, ma per guarire, per allontanare il male che perseguita il cuore di ogni uomo. C’è infatti una lotta di Gesù contro il male che non si è esaurita negli anni della sua vita terrena, ma che continua nella storia attraverso le persone che Lui si sceglie. Il mistero del male è sotto gli occhi di tutti, acquista sempre nuove forme, va scacciato, combattuto, perché gli uomini vivano in fraternità, liberi e felici.

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