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Commento alla Parola: 17.05.2021 – 22.05.2021

Lunedì 17: Ct 5,2a.5-6b; Sal 41 (42); 1Cor 10,23.27-33; Mt 9,14-15
«Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché noi e i
farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”» (Mt 9, 14)
“Ma perché noi dobbiamo fare tutta questa fatica di digiunare, sentirci la
pancia vuota, le forze che vengono meno, la testa che gira, e voi invece
niente?”. La protesta dei discepoli del Battista, implicita in questa loro
domanda, è molto umana e sensata. Mostra in modo plastico ed efficace che
con Gesù le cose sono davvero cambiate. Prima ci si doveva conquistare tutto,
ogni cosa era frutto di uno sforzo spesso logorante e beato chi ci riusciva. Con
Gesù invece è l’amore ad avere in mano il volante della vita, sempre come
risposta ad un amore già ricevuto in un quantità immensa. La fatica non manca
mai, ma il peso diventa leggiero.

Martedì 18: Ct 5,6b-8; Sal 17 (18); Fil 3,17 – 4,1; Gv 15,9-11
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio
amore» (Gv 15, 9)
Da quell’amore non bisogna più uscire. Occorre essere sempre lì. Donare e
offrirsi senza calcolo, ascoltare gli interessi e i bisogni altrui prima dei propri,
innamorarsi poco a poco di chi più soffre. La vita nell’amore ha varie tonalità,
diverse per intensità, ma tutte ci proiettano fuori di noi stessi, in una
condizione quindi estatica. Si può sperimentare che ci si svuota di cose e ci si
riempie di gioia. Le ferite non mancano, ma si impara a vivere oltre. È questo
l’amore che Gesù aveva ricevuto dal Padre e che ha vissuto tra noi. E Lui spera
con tutte le forze che noi possiamo rivivere la Sua stessa esperienza.

Mercoledì 19: Ct 1,5-6b.7-8b; Sal 22 (23); Ef 2,1-10, Gv 15,12-17
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho
amato voi» (Gv 15, 12)
È questo il vaccino che può far guarire l’umanità, l’unico che può far risorgere
quella fraternità che il peccato ha mortalmente ferito. L’irruenza del male
sembra a volte non conoscere tregua, con tutto il contorno di paura, di
solitudine, di disperazione che porta con sé. L’istinto di ribellione ci spinge alla
vendetta, ma è una strada senza sbocchi. A tutti i livelli, solo uno sguardo di
bontà, di fiducia, di speranza può smuovere dalla paralisi e sciogliere il gelo
delle relazioni. E l’amore è sempre capace di far sbocciare dappertutto nuove
primavere.

Giovedì 20: Ct 6,1-2; 8,13; Sal 44 (45); Rm 5,1-5; Gv 15,18-21
«Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non
siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi
odia» (Gv 15, 19)
Gesù che era l’Amore deve aver sempre sperimentato quella frizione
stridente, quel disagio radicale nei confronti del mondo circostante che
vedeva così dissimile da sé. Percepiva che l’amore aveva il potere di
trasformare tutto, ma capiva anche che la sua presenza veniva sentita come
un corpo estraneo, che molti non capivano e che altri avrebbero in futuro
rigettato. Per questo il discepolo si trova ad andare controcorrente: non per il
gusto di fare diverso, ma per una radicale incompatibilità. Eppure questo
stesso mondo che lo rifiuta ha un bisogno estremo dell’amore,
inconsciamente lo sogna, lo invoca, si protende verso di esso, perché solo lì c’è
la vera vita, il senso di tutto.

Venerdì 21: Ct 7,13a-d.14; 8,10c-d; Sal 44 (45); Rm 8,24-27; Gv 16,5-11
«Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore» (Gv 16, 5-6)
Gesù vede che i suoi discepoli sono preoccupati per se stessi e meno interessati di conoscere la realtà nella quale Gesù si sta dirigendo. Certo, oggi noi, che non siamo direttamente coinvolti come loro in quelle ore, gli chiederemmo piuttosto che ci dia notizie in più sul mondo di lassù, sulla vita trinitaria, sulla continuità tra il mondo presente e quello futuro, sull’eternità, ecc.. Eppure non possiamo pensare che ci abbia tenuto nascosto qualcosa di essenziale e fondamentale, visto che siamo suoi amici e quindi ci ha fatto conoscere tutto quello che ha udito dal Padre. Rimane quindi la certezza sulle promesse di Dio che sono irrevocabili, e anche la curiosità su ciò che ci attende, che è sempre bene tenere accesa.

Sabato 22: Nm 28,1.26-31; Sal 92 (93); 2Cor 8,1-7; Lc 21,1-4
«Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché
non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le
cose future» (Gv 16, 13)
È una delle frasi più consolanti e incoraggianti per il cammino della Chiesa lungo
i secoli. Ci dimostra che la verità di Dio non è una serie di definizioni statiche, ma
è una comprensione progressiva e sempre nuova del suo mistero d’amore
contenuto nella rivelazione biblica. C’è quindi una maturazione necessaria, che
richiede tempo e si sviluppa anche attraverso gli eventi, senza la quale le nuove
luci risulterebbero troppo abbaglianti. Si tratta di adattare volta per volta lo
sguardo perché le si possa percepire e comprendere. Quello che è certo è che
Dio è eternamente nuovo, sorprendente e sempre più grande.

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