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18-25 Gennaio 2021: settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani, con Collegamento Youtube mercoledì 20 gennaio

Perghiera unita cristiani 2021 volantino

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PRESENTAZIONE“Rimanete nel mio amore:produrrete molto frutto”(cfrGiovanni15, 5-9)

1. Nell’ora del dolore: la vite ed i tralci

Il Signore Gesù aveva rivolto queste sue parole(cfrGv15, 5-9)ai discepoli in un’oradi preoccupazione, incertezza per il futuro e sofferenza, subito prima della sua Passione.Siamo all’interno di alcune parole di Gesù che Giovanni raccoglie tra il racconto della cenacon i suoi (Gv13) e l’ora della Passione nel capitolo 18. Egli è preoccupato per i suoidiscepoli, per ciò che avverrà dopo la sua Passione. Sono parole che volgono quindi losguardo e il cuore al futuro loro e nostro. Oggi l’umanità intera sta attraversando ancorauna stagione di grande sofferenza, colpita nel profondo dall’epidemia di Covid-19 e dallesue devastanti conseguenze sociali, economiche e morali. Non c’è stata nazione che nonabbia avuto i suoi dolori ed anche coloro che sono stati risparmiati devono fare i conti conla crisi che ne è scaturita. Come reagire davanti a tutto questo? C’è ancora un futuroinsieme? Potremo portare frutto? C’è chi ha scelto di ignorare lerichieste di soccorso deimalati (pensiamo ai tanti anziani morti negli istituti!), chi ha deciso di chiudereulteriormente i propri confini ed il proprio cuore, chi si è lasciato andare all’inerzia, chi haespresso la propria frustrazione e rabbia incolpando gli altri.La risposta di Gesù nell’ora della prova è totalmente differente. Egli pronuncia undiscorso carico di autorevolezza e allo stesso tempo di misericordia, indicando una stradainedita, che, allo stesso tempo, ha le sue radici più profonde nella Parola di Dio.“Io sonola vite, voi i tralci”è la prima affermazione, che probabilmente sorprese i discepoli riunitiintorno alla tavola con lui. L’immagine della vite, lo sappiamo, non è nuova nel PrimoTestamento: essa rappresenta il bene più prezioso per i contadini israeliti, fonte disostentamento e di gioia, causata dalla produzione del vino. La vite coltivata comparesignificativamente per la prima volta nellaGenesi(Gn9,20), piantata da Noè proprio dopoil diluvio, quasi a marcare la chiusura del disastro e l’inizio di un’era diversa, in cui si puòricominciare a popolare la terra e a lavorare il suolo. Altrove, come nelCantico dei Canticionei profeti, la vigna indica la sposa e diviene immagine del popolo di Israele in rapportocol Dio dell’Alleanza. Riprendendo questo sostrato della tradizione, Gesù opera uncambiamento inaspettato: Egli stesso diventa la vite del Padre, mentre i suoi discepolisono i tralci. Si fa garante cioè di un rapporto con Dio stesso destinato, attraverso la suamorte e risurrezione, a rimanere stabile, saldo, portatore di vita e di speranza, come lalinfa che scorre dal centro della pianta verso le sue estremità, senza escludere quelle piùperiferiche. È un’immagine chiara e rivoluzionaria, cui farà eco quellautilizzata in 1Corinzi12 dall’Apostolo Paolo, che presenta la Chiesa come il rapporto tra Cristo capo e lemembra in un unico corpo. Gesù vuole rassicurare tutti noi tralci, ci chiede di non temeredavanti alle difficoltà e ai tempi bui: la forza, l’energia vitale proviene da lui, non ladobbiamo cercare in noi stessi, o altrove. Il Signore non dimentica nessuno, neanche irametti più piccoli e lontani, oppure quelli più nodosi e incalliti dal tempo; di tutti siprende cura. È un’indicazione davvero preziosa per noi, cristiani di diverse confessioni.Ogni fronda, ogni tralcio non è mai uguale all’altro, ha avuto un suo sviluppo, produce foglie e frutti in quantità diversa, ma non è questo che importa al Signore. L’importante, infatti, è rimanere in lui. E noi lo possiamo fare insieme, proprio in questo tempo difficile.

2. Rimanere uniti in Cristo

C’è, in queste parole di Gesù, una precisa insistenza, un appello urgente rivolto ai suoi: “Rimanete in me”. Il verbo greco méneinè tipico del linguaggio giovanneo (su 118 occorrenze nel Nuovo Testamento, ben 40 sono nel quarto vangelo). Ha una valenza doppia, come ha ben evidenziato Bultmann: esso indica infatti la permanenza in un luogo, ma anche una stabile durata temporale. Qui si potrebbe tradurre con: “aderire fedelmente”. Il rapporto che il Signore chiede, e quasi esige dai suoi, è un rapporto di fedeltà stabile. Gesù chiede a ciascuno di noi di non fuggire via, arroccati sulle nostre posizioni, presi dalle nostre idee, dalla tentazione di ripiegarci e chiuderci in noi stessi. Ci chiede non un’agitazione sterile, un attivismo sfrenato, ma innanzitutto un rapporto saldo e vivificante con la sua Parola. “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi…”. Rimanere discepoli del Risorto vuol dire meditare ogni giorno la Parola di Dio, origine di amore, di misericordia, di unità. Questo rapporto personale intenso con le Sacre Scritture è garanzia perché ogni nostra preghiera venga esaudita: “Chiedete quello che volete e vi sarà fatto”. E oggi la nostra preghiera sale intensa perché il Signore preservi l’umanità dalla forza del male, dalla divisione e ci doni l’unità tra noi. La preghiera stessa diventa a sua volta fonte di unità. Ignazio di Antiochia ricorda ai cristiani di Efeso nei suoi scritti: “Quando infatti vi riunite crollano le forze di Satana e i suoi flagelli si dissolvono nella concordia che vi insegna la fede”. Rimanere in Gesù, infine, come ci svela Egli stesso, vuol dire rimanere nel suo amore. Quell’amore ci fa uscire, ci spinge verso gli altri,specialmente verso i più deboli, i periferici, i poveri ed i sofferenti, come Gesù stesso ci ha insegnato uscendo e percorrendo le strade del suo tempo.

3. Portare frutto

foglie e frutti in quantità diversa, ma non è questo che importa al Signore. L’importante, infatti, è rimanere in lui. E noi lo possiamo fare insieme, proprio in questo tempo difficile. 2. Rimanere uniti in CristoC’è, in queste parole di Gesù, una precisa insistenza, un appello urgente rivolto ai suoi: “Rimanete in me”. Il verbo greco méneinè tipico del linguaggio giovanneo (su 118 occorrenze nel Nuovo Testamento, ben 40 sono nel quarto vangelo). Ha una valenza doppia, come ha ben evidenziato Bultmann: esso indica infatti la permanenza in un luogo, ma anche una stabile durata temporale. Qui si potrebbe tradurre con: “aderire fedelmente”. Il rapporto che il Signore chiede, e quasi esige dai suoi, è un rapporto di fedeltà stabile. Gesù chiede a ciascuno di noi di non fuggire via, arroccati sulle nostre posizioni, presi dalle nostre idee, dalla tentazione di ripiegarci e chiuderci in noi stessi. Ci chiede non un’agitazione sterile, un attivismo sfrenato, ma innanzitutto un rapporto saldo e vivificante con la sua Parola. “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi…”. Rimanere discepoli del Risorto vuol dire meditare ogni giorno la Parola di Dio, origine di amore, di misericordia, di unità. Questo rapporto personale intenso con le Sacre Scritture è garanzia perché ogni nostra preghiera venga esaudita: “Chiedete quello che volete e vi sarà fatto”. E oggi la nostra preghiera sale intensa perché il Signore preservi l’umanità dalla forza del male, dalla divisione e ci doni l’unità tra noi. La preghiera stessa diventa a sua volta fonte di unità. Ignazio di Antiochia ricorda ai cristiani di Efeso nei suoi scritti: “Quando infatti vi riunite crollano le forze di Satana e i suoi flagelli si dissolvono nella concordia che vi insegna la fede”. Rimanere in Gesù, infine, come ci svela Egli stesso, vuol dire rimanere nel suo amore. Quell’amore ci fa uscire, ci spinge verso gli altri,specialmente verso i più deboli, i periferici, i poveri ed i sofferenti, come Gesù stesso ci ha insegnato uscendo e percorrendo le strade del suo tempo.3. Portare frutto Il risultato della lotta per vincere il male e la divisione, rimanendo saldi in Gesù, è portare frutti abbondanti. Quante volte abbiamo sentito, come Pietro dopo una notte di pesca infruttuosa (Lc5) o come alcune donne della Bibbia, come Sara (Gn17), Anna (1 Sm1) o Elisabetta (Lc1) il peso della sterilità nella nostra vita quotidiana o nella missione che il Signore ci ha affidato! La divisione, frutto amaro del male, vanifica gli sforzi per ottenere risultati concreti. Da soli, non possiamo nulla! In questo tempo abbiamo scoperto quanto siamo connessi, quanto davvero apparteniamotutti all’unica famiglia umana, pur nelle nostre differenze. Già nei vangeli sinottici un raccolto sovrabbondante è il segno dell’efficacia della Parola di Dio in quanti la accolgono, come nella parabola del seminatore. Qui il frutto abbondante è la manifestazione della gloria divina, cioè della presenza tangibile e vittoriosa del Signore in mezzo all’umanità. Sì, noi possiamo vedere la sua gloria, la sua presenza di vita, che ci fa guardare al futuro con speranza nonostante le avversità e la paura che ancora sembra opprimerci. “Rimaniamo”in lui e troveremo ristoro e pace per la nostra vita e potremo comunicare questo tesoro prezioso al mondo intero, perché possiamo “tutti essere una cosa sola in lui”(Gv17,21)

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