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Presentazione della Proposta pastorale 2022-2023

Proposta pastorale 2022-2023
“Kyrie, Alleluia, Amen”
Pregare per vivere, nella Chiesa come discepoli di Gesù

«Propongo di vivere nel prossimo anno pastorale – ma con lo scopo che diventi pratica costante –
una particolare attenzione alla preghiera. Non intendo proporre una enciclopedia della preghiera, ma
incoraggiare a verificare il modo di pregare delle nostre comunità. Ho l’impressione che sia una
pratica troppo trascurata da molti, vissuta talora come inerzia e adempimento, più che come la
necessità della vita cristiana. Cioè della vita vissuta in comunione con Gesù, irrinunciabile come l’aria
per i polmoni». Queste le parole con cui l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, introduce la
Proposta pastorale per l’anno 2022-2023.
L‘Arcivescovo ha voluto preparare e diffondere il documento con anticipo rispetto all’inizio dell’anno
pastorale, tradizionalmente fissato all’8 settembre, per consentire a parrocchie, Comunità pastorali e
Decanati di definire attività e programmi del nuovo anno in sintonia con quanto proposto.

Leggi il testo originale

Il ricordo di Martini
La Proposta si apre con un significativo riferimento al cardinale Carlo Maria Martini, di cui quest’anno
ricorre il decimo anniversario della morte, e alla sua prima Lettera pastorale, La dimensione
contemplativa della vita, uscita nel 1980. «Questa lettera – scrive l’Arcivescovo – è stata
sorprendente e provvidenziale e (…) mi sento incoraggiato a offrire alla nostra Chiesa diocesana un
invito a ritornare su quell’inizio».

Spiritualità e incontro
Il primo capitolo della Proposta è dedicato a una riflessione sui significati autentici della spiritualità e
della preghiera: «La spiritualità – scrive tra l’altro monsignor Delpini – non si riduce a una ricerca di
quello che mi fa star bene, ma diventa itinerario, ricerca. Uomini e donne intuiscono che la via per
“stare bene” non è quella che conduce a ripiegarsi su di sé, ma quella che porta a un incontro». E
ancora, sottolinea l’Arcivescovo, «nel nostro tempo, insieme con la necessità di “una spiritualità” che
molti avvertono, sembra di dover registrare anche una diffusa indifferenza, una tranquilla estraneità
rispetto ai temi della preghiera e della ricerca di Dio».
Avverte ancora monsignor Delpini: «Nessuno – neppure i preti, neppure i cristiani impegnati, neppure
i consacrati e le consacrate – è al riparo dalla tentazione di trascurare la preghiera. I preti devono
chiedere alla gente: come pregate? Quando pregate? In che modo posso aiutarvi a pregare? E la
gente deve chiedere ai preti: come pregate? Quando pregate? In che modo possiamo aiutarvi a
pregare?».

In famiglia e nella comunità
Nel seguito, la Proposta approfondisce la dimensione della preghiera comunitaria nel corso delle
celebrazioni così come l’esperienza della preghiera in famiglia, riscoperta da molti nel corso della
pandemia. Le comunità sono oggi chiamate ad essere «case e scuole di preghiera» perché i credenti
possano entrare in relazione con Dio. È necessaria però la formazione specifica e permanente di
coloro che insegnano a pregare. Un contributo importante può essere fornito anche da persone
originarie di altre culture che con «la loro liturgia, la loro teologia, la loro spiritualità e la loro pastorale
sono un dono prezioso».

Le buone pratiche
La Lettera suggerisce anche alcune “buone pratiche” per l’accoglienza nelle comunità durante le
celebrazioni. Una speciale attenzione è rivolta ai portatori di disabilità per i quali bisogna, nei limiti del
possibile, abbattere le barriere perché possano partecipare alla Messa. Anche la tecnologia può
offrire importanti aiuti, ma non deve sostituirsi alle funzioni. A proposito della Messa in televisione,
«non si può condividere che sia una forma equivalente alla partecipazione in presenza».
I capitoli centrali illustrano e sviluppano i tre termini che danno il titolo alla Proposta pastorale:
«Kyrie: la professione di fede in forma di invocazione; Alleluia: la gioia della Pasqua in forma di
cantico corale; Amen: la professione di fede in forma di obbedienza».

Per le vocazioni e per la pace
L’Arcivescovo si sofferma poi su due particolari “tipologie” di preghiera: quella per le vocazioni («un
modo di leggere la propria persona, la propria storia, alla luce della parola di Gesù, nell’ascolto delle
emozioni che lo Spirito suscita in ciascuno») e, con un riferimento esplicito alla situazione in Ucraina,
la preghiera per la pace: questa non può ridursi a protesta individuale contro la guerra, ma deve
«esprimere la fiducia che Dio opera nel cuore delle persone e nei rapporti tra i popoli. La preghiera
non è mai una delega a Dio perché faccia quello che noi non facciamo. È il tempo in cui il dono dello
Spirito ci rende conformi al Figlio e ci fa essere quindi uomini e donne di pace».

Alcune esperienze
Infine, la parte conclusiva è dedicata alla presentazione di alcune esperienze di preghiera, con la
proposta di possibili evoluzioni e innovazioni. Il riferimento è, ad esempio, alla Scuola della Parola, ai
Gruppi liturgici nelle parrocchie, ai Gruppi di ascolto della Parola, agli animatori della preghiera
comunitaria.

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