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Commento alla Parola: 31.10.2022 – 5.11.2022

Lunedì 31: Ap 17,3b-6a; Sal 136 (137); Gv 14,12-15
«E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio» (Gv 14, 13)
Non tutti i desideri sono uguali. Alcuni sono evanescenti, superficiali e dopo un po’ finiscono anche nel dimenticatoio. Altri invece hanno radici serie, ci prendono il cuore e le energie, sono sogni grandi che danno senso alla vita. Qualcuno li nasconde idealmente nel tabernacolo con Gesù, per ricordarli a Lui, ma anche e soprattutto perché si possono costruire solo insieme a Lui. E succede che si realizzino, anche se per strade del tutto impensate e impervie, attraversando luci e ombre di ogni tipo, perché è stato proprio Lui a metterceli nel cuore. Occorre imparare ad ascoltarli questi sogni, in ogni tempo, ad affidarGlieli: danno un’energia ed un senso potentissimi alla vita.

Martedì 1: Ap 7,2-4.9-14; Sal 88 (89); Rm 8,28-39; Mt 5,1-12a
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. (Ap 7,9)
La festa di oggi aiuta ad allargare l’orizzonte: non è possibile definire a priori un confine per la santità, la possibilità di legarsi in modo totale a Gesù è data a ciascuno, quale che sia la sua storia, la sua situazione attuale, la sua provenienza. La possibilità radicale di essere santi, offerta a tutti, è il dono di una esistenza piena, vissuta a partire dalla scoperta dell’amore senza confini offerto da Gesù. Rompendo ogni schema, la santità interpella ciascuno: se è possibile a tutti, allora proprio io sono interpellato per vivere secondo quella misura.

Mercoledì 2: 2Mac 12, 43-46; Sal 129 (130); 1Cor 15, 51-57; Gv 5, 21-29
Il nobile Giuda, fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato, compiendo così un’azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della risurrezione. Perché, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti.
Il libro dei Maccabei accompagna questo giorno dando un centro preciso alla fede: i cristiani non pregano commemorando i defunti perché segnati dalla disperazione, né perché ritengono di dover placare il castigo divino. Al contrario, anche nella drammaticità e nella tristezza della morte, i cristiani fondano la loro fede sulla resurrezione di ciascuno, promessa in quella di Gesù. Per questo oggi e in ogni altro giorno è possibile pregare e fare memoria, con dolore, di quanti ora sono separati, perché si è consapevoli della promessa della vita che non finisce.

Giovedì 3: Ap 18, 21 – 19, 5; Sal 46 (47); Gv 8, 28-30
Un angelo possente prese una pietra, grande come una màcina, e la gettò nel mare esclamando: «Con questa violenza sarà distrutta Babilonia, la grande città, e nessuno più la troverà. (Ap 18,21)
La visione dell’Apocalisse si esprime con grande radicalità: la fine di Babilonia è certa e definitiva, come una pietra che affonda nel mare non potrà più riemergere. Il messaggio è quindi di speranza, perché ricorda che la vittoria del Signore sul peccato è totale. Allo stesso tempo, però, quella radicalità chiede conto della vita di ciascuno, verificando in quale misura si sia capaci della medesima decisione per eliminare totalmente il peccato dalle proprie scelte.

Venerdì 4: 1Gv 3, 13-16; Sal 22 (23); Ef 4, 1b-7. 11-13; Gv 10, 11-15
Non meravigliatevi, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. (1Gv 3,13-14)
Il mondo, ciò che si oppone alla vita piena in Cristo, rifiuta chi vive secondo il suo stile. I cristiani, consapevoli che la vita che arriva fino a donarsi totalmente è quella autentica, sanno però che ben altri sono i valori sui quali fondare la propria esistenza. La vita e la morte non sono più da intendersi solo biologicamente, né si possono valorizzare a partire da ciò che si riesce a ottenere soltanto per sé. Al contrario, la morte coincide con la mancanza di amore, con un cuore incapace di battere. Per questo è impossibile escludere i fratelli dalla propria esistenza, essa corrisponderebbe alla morte; in ogni situazione, anche la più difficile, c’è vita piena quando essa si dona includendo con amore ogni fratello.

Sabato 5: Dt 30, 1-14; Sal 98 (99); Rm 10, 5-13; Mt 11, 25-27
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica». (Dt 30,11-14)
Il Signore non si è rivelato al popolo di Israele e ai cristiani manifestando la sua grandezza in modo tale da restare a distanza, ma si è fatto vicino, fino a manifestarsi definitivamente in Gesù. La sua vicinanza è un dono smisurato, che dà valore a ogni aspetto dell’esistenza umana e di conseguenza implica una grande responsabilità: quella di rendere attuale la sua parola, a partire dalle scelte e dalle azioni possibili a ciascuno.

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