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Commento alla Parola 22.01.2024 – 27.01.2024

lunedì 22: Sir 44, 1; 47, 18-25; Sal 71 (72); Mc 4, 10b. 24-25
«Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha» (Mc 4, 25)
È in pratica la stessa frase che Matteo riporta nella parabola dei talenti (Mt 25, 29). “Avere” in questo caso significa “mettere a frutto”, “ascoltare”, “seguire”. Più riusciremo ad ascoltare la Parola, a farla vivere in noi e più sentiremo la Grazia accrescere nel cuore e fiorire negli altri. Al contrario se lasciamo che la Parola seminata in noi piano piano appassisca, venga soffocata dalle mille preoccupazioni della vita, alla fine sparirà.

martedì 23: Sir 44, 1; 48, 15b-21; Sal 77 (78); Mc 4, 26-34
«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura”» (Mc 4, 26-29)
Questa parabola, come la successiva del granello di senape, fanno respirare in grande, riempiono il cuore di speranza. Ci ricordano che la storia non è in mano nostra, che Dio non è semplice spettatore, che il Risorto è un’energia prodigiosa e inarrestabile posta nel cuore del mondo, che agisce in modo sconosciuto, ma che porterà il cosmo alla sua pienezza. Noi tutti ci muoviamo dentro questo dinamismo che è più forte di ogni male, che nessuno potrà frenare. È questa la fede alla quale Gesù ci chiama e che Lui non smette di alimentare in noi anche nei tempi più bui ed enigmatici.

mercoledì 24: Sir 44, 1; 48, 22-25; Sal 140 (141); Mc 4, 35-41
«In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: “Passiamo all’altra riva”. E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca» (Mc 4, 35-36)
«Così com’era». Un dettaglio che interroga: come stava Gesù in quel momento, in che condizioni era? A giudicare dal seguito del racconto, era stanco morto. Di lì a poco, in piena tempesta, dormirà come un ghiro. E rimprovererà i discepoli, angosciati dalla paura di morire, per la loro mancanza di fede. Perché sulla barca c’era anche lui, stava correndo gli stessi loro rischi, ma come sempre aveva fede nel Padre e poteva dormire tranquillo. Verrà anche per lui nel Getsemani la notte della paura e dell’angoscia, in cui non chiude occhio e sono i discepoli dormire, ma perché sa che è il momento finale e occorre prepararsi.

giovedì 25: At 9, 1-18 Sal 116 (117); 1Tm 1, 12-17; Mt 19, 27-29
«Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19, 29)
Al discepolo che lascia, Gesù assicura un’immensa ricompensa. Questa promessa ci è necessaria: perché lasciare è difficile. Lo è senz’altro la prima volta, quando scegli Dio e decidi così di mettere tutta la tua vita nelle Sue mani. Ma lo è anche successivamente, perché sempre devi rimanere pronto a perdere, a lasciare quello che Lui ti ha dato. Non è mai facile. Perché alle realtà belle ti affezioni e non vorresti abbandonarle. Ma quello che trovi è ancora di più, accompagnato da un supplemento di Sapienza, e ti accorgi che tutti i rapporti che hai costruito in Lui continuano, in modo diverso, ad accompagnarti.

venerdì 26: Sir 44, 1; 49, 13-16; Sal 47 (48); Mc 5, 21-24a. 35-43
«Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22, 26-27)
A parole diamo per assodate questo invito di Gesù, tant’è che ogni lavoro svolto in una comunità lo chiamiamo servizio. In pratica però spesso il cuore si attacca a quel servizio, come fosse qualcosa di nostro e non un evento che ora c’è, ma che potrebbe venirci tolto in qualsiasi momento. Occorre lottare per mantenere un cuore libero, pronto a lasciare tutto per seguire ciò che il Signore ci chiede, fidandoci completamente di Lui, senza opporre resistenza.

sabato 27: Es 19, 3-8; Sal 95 (96); 2Cor 1, 18-20; Gv 12, 31-36
«Allora Gesù disse loro: “Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce”» (Gv 12, 35-36)
L’alternanza di luce e tenebre è la condizione di ogni uomo. Nessuno vive sempre nella luce e nessuno sempre al buio, difficoltà e gioie non sono risparmiate a nessuno. Però l’umanità invoca la luce, perché le tenebre possono paralizzare fino a diventare insopportabili. Gesù vuole formare figli della luce: donne e uomini che sanno sempre schiacciare l’interruttore, che riportano speranza dove aleggia il pessimismo, che aprono nuove strade quando i sentieri sembrano interrotti, che annunciano la gioia anche quando si trovano nel dolore. Sono quelli che credono nella Luce.

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