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Commento alla Parola: 21.02.2022 – 26.02.2022

Lunedì 21: Sap 15,14 – 16,3; Sal 67 (68); Mc 10,35-45
«Gesù disse loro: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?”. Gli risposero: “Lo possiamo”» (Mc 10,38-39)
È tale il desiderio di gloria di questi due discepoli che non si accorgono neppure di quello che stanno chiedendo. Sono convinti che, pur di occupare ruoli di prestigio, sarebbero capaci di affrontare qualunque difficoltà e si sentono pronti a fare tutto quello che Gesù chiederà loro. Le ore della passione mostreranno che le cose stanno ben diversamente. Si direbbe comunque che non abbiano ancora notato che Gesù, mite e umile di cuore, non inseguiva per nulla successi clamorosi o il prestigio sociale. Ma d’altra parte certe ambizioni possono convivere a lungo dentro di noi accanto a grandi ideali, se non abbiamo il coraggio di smascherarle.

Martedì 22: Sap 17,1-2.5-7.20 – 18,1a.3-4; Sal 104 (105); Mc 10,46b-52
«Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma Bartimeo gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”» (Mc 10, 48)
Bartimeo è cieco e non ci sta. Il desiderio di vedere è troppo forte. Le convenzioni sociali, le reazioni infastidite della gente di fronte alle sue suppliche non lo condizionano neanche un po’. Ha tra le mani la grande occasione della vita e se la vuole giocare fino in fondo. La sua energia è il desiderio, che lo rende determinato, pronto a superare ogni difficoltà. È povero, ma è ricco. Perché la passione per le cose veramente grandi è merce rara: tutto ciò che abbiamo attorno ci ottunde, ci accontenta e rischiamo sempre di assestarci nella mediocrità nel nostro rapporto con Dio. E avere accanto uno come Bartimeo fa bene al cuore.

Mercoledì 23: Sap 18,5-9.14-15; Sal 67 (68); Mc 11,12-14.20-25
«Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi» (Mc 11, 13)
Le foglie di fico possono essere molto grandi, offrire facilmente l’impressione di un albero rigoglioso, mentre di fatto possono nascondere il nulla. È proprio quello che ci capita quando ci preoccupiamo troppo di ciò che gli altri pensano e dicono di noi: l’attenzione si concentra sull’esteriorità, i gesti e le parole sono funzionali al nostro apparire, conta solo occupare un po’ di palcoscenico, ma intanto il cuore non si nutre e avvizzisce, la vita interiore diventa povera, la testimonianza pallida. «Ti si crede vivo e sei morto», dirà il Risorto alla chiesa di Sardi (Ap 3, 1). Ed è un peccato: perché invece i fichi quando maturano bene sono dolcissimi, squisiti e sono molti coloro che li apprezzano e si avvicinano per nutrirsene.

Giovedì 24: Sap 18,20-25a; Sal 104 (105); Mc 11,15-19
«Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri» (Mc 11, 17)
Gesù fa un segno eclatante per ricordarci la spiritualità dei riti e della preghiera. Non conta l’esteriorità, il partecipare ad un culto per sentirsi a posto, per osservare un precetto. A volte ci si sente chiedere da qualcuno che entra in ritardo a Messa: “Vale ancora?”. È il vivere l’incontro con il Signore come qualcosa di obbligatorio da osservare scrupolosamente, ma senza l’amore. Se devo incontrare qualcuno a cui voglio bene, ci penso fin dal giorno prima, è un’attesa perché l’incontro è una gioia. Ci sono, è vero, dei momenti di aridità come nei rapporti con le persone, ma allora la cosa ci fa soffrire e studiamo tutti i modi di superarla senza rinunciare a nessun tentavo.
La chiesa è un luogo di incontro tra Dio e l’uomo, non un ufficio in cui si deve pagare una tassa.

Venerdì 25: Sap 19,1-9.22; Sal 77 (78); Mc 11,27-33
«Vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero:
«Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?»
(Mc 11, 27-28)
I capi dei sacerdoti non sono sinceri, hanno paura di compromettersi. Quanto costa anche a noi guardarci con verità e lasciarci guardare come siamo! Pensiamo di dover apparire sempre giusti e perfetti. In realtà siamo credibili solo quando lasciamo trasparire anche le nostre fragilità e contemporaneamente la voglia di superarle.

Sabato 26: Es 25,1; 27,1-8; Sal 95 (96); Eb 13,8-16; Mc 8,34-38
«Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita?» (Mc 8, 35-36)
Voler salvare la propria vita significa lavorare per se stessi, per avere stima e affetto. Spesso per far ciò siamo pronti a scendere a compromessi, magari piccoli, a non dire fino in fondo il nostro pensiero per non contrariare. Ecco il modo per perdere tutto, anche quello che cerchiamo. Solo seguendo Gesù sulla via della verità, salveremo la nostra vita, cioè ci sentiremo realizzati. Stare con Lui, non avere paura di rischiare, non venire a patti con la propria coscienza, è il modo per essere felici già su questa terra.
ella. Il Libro dell’Esodo ci insegna forse ad amare un po’ di più Dio.

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