Lunedì 2: 1Re 3,16-28; Sal 71 (72), Lc 11,27-28
«Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: “Beato il
grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”. Ma egli disse: “Beati
piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”» (Lc 11, 27-28)
L’interruzione creata dall’espressione entusiasta di questa donna suscita un
replica immediata di Gesù. La sua osservazione dolce e sapiente indirizza la
ricerca della gioia sulla strada giusta. La beatitudine evangelica infatti non è
quella di chi raggiunge soddisfazioni o successi pubblici, ma è la conferma
interiore di una vita che si lascia plasmare dalla volontà del Padre. Gesù vive
sempre così, Lui che è la Parola viva, e conosce bene la beatitudine che questo
stile di vita comporta, ben diverso dal frutto sempre un po’ precario raccolto da
chi insegue anzitutto l’ammirazione o il consenso della gente.
Martedì 3: 1Re 6,1-3.14-23.30-38; 7,15a. 21 ; Sal 25 (26); Lc 11,29-30
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona» (Lc 11, 29)
La fede non può procedere sempre a forza di segni, di miracoli. Se così fosse, Dio sarebbe prigioniero delle nostre richieste e non avremmo mai occasione di dimostrargli la nostra fiducia. Inoltre il segno, come ogni gesto di Dio nei nostri confronti, non può che essere gratuito, perché non puoi costringere l’amore. Inoltre noi, che siamo così gelosi della nostra libertà, non vorremo certo pretendere di limitare la libertà di Dio. Dio quindi può scegliere i suoi segni: quello della Pasqua, cui Gesù allude, noi non gliel’avremmo mai chiesto, ma ci accorgiamo ora che è, senza paragoni, il più importante.
Mercoledì 4: 1Re 11,1-13; Sal 88 (89); Lc 11,31-36
«La lampada del corpo è il tuo occhio. Quando il tuo occhio è semplice, anche
tutto il tuo corpo è luminoso; ma se è cattivo, anche il tuo corpo è
tenebroso» (Lc 11, 34)
La limpidezza dello sguardo è una condizione un po’ rara e comunque
preziosissima. Quando si incontrano persone trasparenti, che rivelano dagli
occhi la nitidezza interiore, si rimane subito colpiti. Certo, molti non se ne
accorgono, perché non tutti lo sanno apprezzare. Ma queste persone hanno la
capacità di mostrarti un altro modo di vedere e di giudicare, che trapela anche
da semplici frasi o da reazioni istintive dalle quali intuisci tutto un mondo
interiore fresco e luminoso che interroga e attira. E non c’è sguardo che, a forza
di atti di amore, non possa recuperare poco a poco l’innocenza originaria.
Giovedì 5: 1Re 11,41 – 12,1-2.20-25a; Sal 47 (48); Lc 11,37-44
«Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle» (Lc 11, 42)
A Dio non basta che uno metta tutte le crocette sulle caselle giuste. Noi spesso riduciamo l’esperienza di fede fino a farla coincidere con alcuni comportamenti esteriori fedeli e inappuntabili. Gesù parla di giustizia e di amore e noi sappiamo che queste non sono cose che possono essere misurate con il bilancino, come le foglie di menta. Sono invece realtà che animano le scelte profonde del cuore, quelle che nessuno vede perché avvengono nel segreto della nostra interiorità, ma che determinano la qualità della nostra moralità e dicono il nostro vero valore. È nella nostra coscienza che dobbiamo spesso scendere ed è su quella che dobbiamo vigilare.
Venerdì 6: 2Pt 1,16-19; Sal 96 (97); Eb 1,2b-9; Anno B: Mc 9,2-10
«Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche» (Mc 9, 2-3)
L’incontro con Dio è abbagliante. C’è tanta luce nel suo mistero d’amore. Se a volte non lo percepiamo è perché abbiamo gli occhi chiusi e siamo convinti che la luce sia un fastidio. I discepoli sul Tabor si sentono avvolti da questa luce immensa e i loro occhi si adattano poco a poco a vedere realtà nuove. È un mondo dal quale non ci si vorrebbe mai più staccare, perché noi siamo fatti per vivere nella luce dell’Amore. È una realtà che noi non sappiamo costruire, ma che possiamo solo ricevere come dono inaspettato.
Sabato 7: 1) Dt 4, 1-8; Sal 98 (99); Rm 7,7-13; Gv 3,16-21
«Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma
perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3, 17)
Gesù viene per salvare. Sempre. L’obiettivo che si prefigge non è rivelare
all’uomo la sua malizia, ma liberarlo da ciò che lo imprigiona e lo inganna. È il
grande guaritore, il vero terapeuta dell’umanità. I grandi censori che
vorrebbero riformare il mondo ribadiscono all’infinito la legge, che colpisce le
coscienze e ne mette a nudo i limiti: ma questo non basta per guarire. Ci vuole
invece quell’amore che sa pazientare, che persuade poco a poco, che valorizza
e fa leva sulla parte luminosa e sana del nostro cuore, che infonde fiducia, che
fa intravedere un orizzonte promettente, che accende un ideale grande.