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Commento alla Parola 18.09.2023 – 23.09.2023

lunedì 18: 1Gv 4,15-21; Sal 32 (33); Lc 17,26-33
«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti» (Lc 17, 26-27)
Una delle cose purtroppo più frequenti per noi è quella di parlare delle realtà quotidiane come se non ci fosse un “oltre”, come se il soddisfacimento dei bisogni ordinari, l’espletamento dei nostri doveri, la realizzazione dei nostri desideri fosse il tutto della vita. È normale, fanno tutti così, eppure lascia una sensazione di insoddisfazione, quasi di soffocamento, come quando un claustrofobo si trova chiuso in un ascensore: non vede l’ora di uscirne. Solo se diamo voce alla sete di infinito che c’è in noi, se sogniamo un mondo trasformato in fraternità universale, dove «amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno» (Sal 85, 11), torniamo a respirare a pieni polmoni.

martedì 19: 1Gv 5,1-13; Sal 39 (40); Lc 18,1-8
«E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18, 7-8)
Non c’è dubbio: la preghiera di chi grida giorno e notte verso il Padre alimenta sicuramente la sua fede, trasforma il cuore e pone davvero Dio al centro della propria vita. L’insistenza instancabile nella preghiera rende Dio molto vicino e concreto, ci educa poco a poco, ci fa crescere fino a “credere fermamente, nonostante le apparenze contrarie, che la Provvidenza di Dio si occupi di me come se nessun altro esistesse al mondo” (S. Giovanni XXIII). «Così il Padre vuole che siano quelli che lo adorano» (Gv 4, 23). E vivere con un rapporto facile, quasi immediato con il Padre, è una delle esperienze più belle che si possano immaginare.

mercoledì 20: 1Gv 5,14-21; Sal 45 (46); Lc 18,15-17
«Gli presentavano anche i bambini piccoli perché li toccasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano» (Lc 18, 15)
Accogliere i bambini, mettersi anche solo per un attimo al loro livello, chiede di svuotarsi. Occorre proprio sbarazzarsi del proprio mondo e ridare voce e spazio per un attimo al bambino che è in noi, quel bambino che ha bisogno, che chiede relazione, che attende conferme, che cerca nuove scoperte. I discepoli sono tentati di pensare che Gesù abbia ormai bisogno di altro, di cose importanti, di persone che contano, di prestigio che cresce e invece il Maestro fa crollare queste impalcature rimettendo in luce la nostra verità originaria: siamo bambini davanti a Dio, da Lui non smettiamo mai di attenderci tutto.

giovedì 21: At 1,12-14; Sal 18 (19); Ef 1,3-14; Mt 9,9-17
«Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”. E Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno”» (Mt 9, 14-15)
I discepoli di Giovanni non sono come i farisei che si preoccupavano solo della forma e dell’apparenza. Essi cercavano con il digiuno e con la penitenza di avvicinarsi di più a Dio, ma quello che mancava loro era la gioia. Ecco che cosa deve distinguere il cristiano, la gioia nella vita. A volte, ascoltando delle testimonianze, non sono le parole che convincono, ma il sorriso di chi parla, un sorriso vero di chi ha la pace nel cuore anche in mezzo alle tribolazioni.

venerdì 22: 2Pt 1,1-11; Sal 62 (63); Lc 18,24-27
«Quando Gesù lo vide così triste, disse: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio. È più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!”» (Lc 18, 24-25)
Ci sono dei freni alla vera gioia. Sono le piccole gioie che ci concediamo, nelle quali ci rannicchiamo e che finiscono per appagarci, anche se non ci soddisfano appieno. Sono anche quelle piccole manie o abitudini di cui non riusciamo a fare a meno, alle quali ci rendiamo conto che non siamo disposti a rinunciare. Tutte cose che ci legano, che ci tolgono libertà senza che ce ne accorgiamo: ricchezze modeste, che però hanno un potere grande su di noi. Per entrare nel Regno Gesù sa che occorre fare un balzo, come il cieco di Gerico che si sbarazza del mantello per correre da Gesù. Altrimenti la vera gioia diventa un miraggio. Per questo l’abituarsi a saper fare a meno di qualcosa è sempre un ottimo esercizio.

sabato 23: Dt 12,29 – 13,1; Sal 96 (97); Rm 1,18-25; Mt 12,15b-28
«Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia» (Mt 12, 19-20)
Lo stile del servo di Yahvè profetizzato da Isaia sembra a tutta prima di basso profilo. Non si fa pubblicità, non studia le leggi del marketing, non usa tecniche seduttive, valorizza invece ciò che appare debole e fragile, incoraggia gli incerti, accende le speranze in chi non ne ha. La salvezza di Gesù parte dal basso, fa affidamento sugli umili, non smette di operare partendo dalle retrovie, dà valore alle piccole vittorie e conquiste. Tutti siamo candidati a collaborare: le nostre fragilità e lacune non sono un ostacolo insormontabile, perché è sempre possibile ricominciare.

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