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Commento alla Parola 07.08.2023 – 12.08.2023

lunedì 7: 1Re 3,16-28; Sal 71 (72); Lc 11,27-28
«Una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”» (Lc 11, 27-28)
Gesù non si accontenta degli entusiasmi spontanei. Li apprezza, ma li supera, spinge oltre. Per lui sono solo dei punti di partenza e intanto con lo sguardo corre lontano. Perché non sono tanto i successi, o le performances appariscenti che costruiscono il Regno. È invece la Parola che ha messo radici nel cuore, che non porta subito frutti altisonanti, ma giorno per giorno trasforma la mentalità, cambia gli obiettivi, aiuta a vedere sempre più chiaro cosa resta e cosa passa, fa operare scelte nuove di servizio e di fraternità. È la Parola vissuta la vera scuola, il vero master del discepolo.

martedì 8: 1Re 6,1-3.14-23.30-38; 7,15a.21; Sal 25 (26); Lc 11,29-30
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona» (Lc 11, 29)
Gesù sa bene che tutti i miracoli che compie, tutte le sue parole che aprono i cuori tendono al grande segno, quello finale, quello della Pasqua. Quella è la chiave interpretativa della sua vita, Lui tende lì con tutte le sue forze. Eppure ci accorgiamo quanto sia rischiosa, perché di fronte alla croce non è, né sarà mai immediato cogliere l’amore, né vedere nella sconfitta umiliante il segno della vittoria sul male, né vedere nella morte il passaggio alla vita eterna donata a tutti. E la stessa risurrezione si esporrà a tante considerazioni, opinioni, letture anche molto contrastanti. Eppure è solo la Pasqua che ci fa capire davvero chi è Gesù.

mercoledì 9: Os 2,15f.16.17b.21-22; Sal 44 (45); Eb 10,32-38; Mt 25,1-13
«Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo» (Mt 25, 1)
È affascinante pensare al regno di Dio come a una corsa verso una festa di nozze che ci attende. Riscatta alla radice l’immagine di una vita cristiana semplicemente vincolata da ordini e ritmata da una routine che appiattisce e inietta in questa avventura il brio, la gioia, l’attesa piena di desiderio di queste ragazze. C’è una promessa di vita felice, di incontri che riempiono il cuore, di una bellezza che attira e fa scavalcare le difficoltà. Dio quindi invita ad una festa, che non è rimandata in un al di là lontano e ipotetico, ma che ci permette di gustare un po’ già da quaggiù, quando il cuore è libero e corre per le Sue strade.

giovedì 10: Is 43,1-6; Sal 16 (17); 2Cor 9,6b-9; Gv 12,24-33
«E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire» (Gv 12, 32)
La fede di Gesù nella potenza della sua morte e risurrezione ci impressiona. Perché il discepolo, per istinto e affidandosi alla propria ragione, dalla croce scappa ed è convinto che la strada da percorrere sia esattamente quella opposta. Invece Gesù vede l’attrazione universale che la croce opererà nel cuore della storia, nel cammino dell’umanità. Non c’è altra possibilità di salvezza se non attraverso l’amore che dona la vita. E questo messaggio, questa esperienza è per tutti, è il senso vero delle cose, è la rivelazione di Dio, è la luce che brilla per ogni cuore.

venerdì 11: 1Re 12,26-32; Sal 105 (106); Lc 11,46-54
«Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!» (Lc 11, 46)
È il rischio di chi annuncia il Vangelo, di chi esorta per rendere fedeli alla vocazione battesimale. È facile infatti disegnare un modello di vita teorico, che non fa i conti con la realtà, con la fatica di vivere, che ritiene ovvi e scontati dei comportamenti che si ottengono invece con molta fatica. L’antidoto è lasciare che la Parola prima passi attraverso di noi: solo quando sperimentiamo sulla nostra pelle cadute, fragilità, incapacità possiamo parlare, non per svendere le esigenze del Vangelo, ma per accompagnare con la comprensione i fratelli e le sorelle in questa avventura bellissima, ma anche difficile.

sabato 12: Dt 4,1-8; Sal 98 (99); Rm 7,7-13; Gv 3,16-21
«Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3, 17)
Quando ci lasciamo andare a deplorazioni e invettive di fronte ai mali del mondo, protestando e formulando fosche previsioni, dimentichiamo che la nostra missione è quella di aiutare il mondo a lasciarsi guarire. Non è una sorpresa che la situazione che vediamo sia così: sappiamo bene che il mistero del male abita nel cuore dell’umanità e Gesù è perciò venuto sulla terra proprio come medico, per sanare le piaghe, per riaccendere la speranza, per invertire la rotta e inaugurare la civiltà dell’amore, la fraternità universale. E anche per noi nel nostro piccolo è sempre possibile fare qualcosa per aggiustare il mondo.

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