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Commento alla Parola 05.02.2024 – 10.02.2024

lunedì 5: Sap 15,14-16,3; Sal 67 (68); Mc 10,35-45
«Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: “Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo”. Egli disse loro: “Che cosa volete che io faccia per voi?”» (Mc 10, 35-36)
Un po’ pretenziosa la richiesta di questi due fratelli, rasenta l’arroganza. Il tono sembra quello di chi comanda. Si vede che non vogliono perdere l’occasione di primeggiare e cercano di arrivare prima degli altri ad occupare quelli che a loro sembrano i posti di onore. La risposta di Gesù anticipa il suo insegnamento verbale: si pone nell‘atteggiamento del servo che ubbidisce, che è a completa disposizione, che non ha diritti da difendere, che cerca subito di realizzare quanto gli viene chiesto. È questa la grandezza divina cui dobbiamo tendere, anche se è spesso interpretata come sottomissione e sconfitta.

martedì 6: Sap 17,1-2.5-7.20-18,1a.3-4; Sal 104 (105); Mc 10,46b-52
«Allora Gesù gli disse: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. E il cieco gli rispose: “Rabbunì, che io veda di nuovo!”» (Mc 10, 51)
Può sembrare pleonastica questa domanda di Gesù: sembra così ovvio che un cieco desideri anzitutto vedere. Ma esplicitare quello che si ha nel cuore è importante. Potrebbe infatti capitare che se ci domandassero qual è il desiderio più forte che abbiamo nel cuore non sapremmo bene cosa rispondere. O comunque la risposta non ci uscirebbe subito, di getto, come invece ha fatto il cieco Bartimeo. La vita, specie se condotta in una normalità un po’ piatta, rischia di appannarci, di ottunderci. Solo l’amore, o la sofferenza vissuta nella speranza, o un sogno grande nel cuore ci tengono vivi, vivissimi.

mercoledì 7: ap 18,5-9.14-15; Sal 67 (68); Mc 11,12-14.20-25
«In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gettati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà» (Mc 11, 23-24)
Prima o poi nella vita certe difficoltà che dobbiamo superare assomigliano proprio a montagne inamovibili, che non sappiamo da che parte scalare, ostacoli che riteniamo insormontabili. Gesù ci chiede di metterci un po’ di fede. Non importa quanta, basta che sia convinta, tenace. La certezza che il Padre c’è, vede e interverrà. Abbiamo molto bisogno di questa fede, altrimenti ci attorcigliamo attorno ai nostri ragionamenti, alle nostre fosche previsioni, alle proteste, moltiplicando le accuse e perdendo la pace e la gioia. Dio c’è e vede. Ci ama e conosce mille modi per spostare le montagne.

giovedì 8: Sap 18,20-25A; Sal 104 (105); Mc 11,15-19
«E insegnava loro dicendo: “Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri”» (Mc 11, 17)
Andare in chiesa alle celebrazioni, seguire la liturgia, ripetere formule, deve essere la conseguenza della nostra unione con il Signore. Solo così noi stessi diventiamo casa di preghiera. Quando invece le nostre devozioni sono fini a se stesse, svuotate di significato, servono solo ad illuderci di stare vicino a Gesù, ma in realtà ne siamo lontanissimi. Chi ci vede, deve capire dal nostro agire che abbiamo Dio nel cuore da quanto amore mettiamo in ciò che facciamo e nei confronti di chi incontriamo. Altrimenti penserà che chi va in chiesa si comporta come e peggio degli altri e avrà perso un’occasione per accostarsi alla Verità.

venerdì 9: Sap 19,1-9.22; Sal 77 (78); Mc 11,27-33
«Mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: “Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?”» (Mc 11, 27-28)
Gesù non risponde a queste domande. Perché in quella situazione è evidente, al di là delle apparenze, che l’interlocutore non cerca risposte. Vuole solo obiettare, mettere in difficoltà, criticare. Sottrarsi a queste domande non è facile, soprattutto quando ci sembra di avere buone ragioni da far valere e ci vengono in mente parole efficaci che potrebbero mettere a tacere gli avversari. Leggere le intenzioni del cuore è più importante che vincere una discussione, è un modo serio di amare, di aiutare davvero, portando luce sulle reali intenzioni di chi abbiamo di fronte.

sabato 10: Es 25,1; 27,1-8; Sal 95 (96); Eb 13,8-16; Mc 8,34-38
«Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”» (Mc 8, 34)
Un discorso pubblico, fatto a tutti, non solo a quelli che erano già discepoli, una chiarificazione per tutti coloro che erano rimasti affascinati da Gesù. La strada che si dovrà percorrere non sarà facile, avrà una croce quotidiana. Quel “rinnegare se stessi” è difficile, ma non è complicato: in alcuni momenti occorre dirsi dei no, chiari e tondi, che non ammettono repliche, sui quali non si apre neppure la discussione. Anche papa Francesco insegnava: “State attenti, il diavolo è un seduttore. Mai dialogare con lui, perché lui è più furbo di noi e ce la farà pagare. Quando viene una tentazione, mai dialogare! Chiudere la porta, chiudere la finestra, chiudere il cuore”.

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