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Altare, Manzoni e mezzelune

Fra le opere più mirabili presenti, o meglio, rimaste nella nostra chiesa vi è senza dubbio lo splendido complesso del Tabernacolo, inteso come l’intero organismo marmoreo che prima dell’ultimo Concilio costituiva l’Altare Maggiore.

Quando e da chi fu realizzato?

Tutto ebbe inizio con la Congregazione dell’8 settembre 1758, una sorta di Consiglio Pastorale, durante la quale si discusse e si approvò la proposta di far costruire “un nuovo Tabernacolo di marmo” per la Cappella Maggiore.

Purtroppo nei Libri di Cassa non si cita la bottega scalpellina che fu scelta per realizzare il manufatto: vi è comunque registrato un pagamento a favore del sig. Buzzi (si tratta di Elia Vincenzo Buzzi, noto scultore lombardo del Settecento), al quale vanno probabilmente attribuite le due statue dei Santi Gervaso e Protaso, tuttora esistenti, poste ai lati del Tabernacolo.


Quanto costò il tabernacolo e chi lo pagò?

Altare maggiore Parrocchia di CastelloA sostegno dell’oneroso progetto intervennero con le loro offerte straordinarie numerosi benefattori, fra cui l’Ill.mo Sig. Barone Francesco Manzoni dei Cantarelli, l’Ill.mo Sig. Conte Gazzari di Milano e l’Ill.mo Sig. Dottore Alessandro Manzoni del Caleotto (nonno del Grande scrittore).

Quest’ultimo offrì la somma più elevata, ben 300 lire, ed in particolare “lire 226 per il legato del Tabernacolo (si trattava di un lascito testamentario del rev.do Jacomo Maria Manzoni suo zio), e lire 64 per sua divotione”.

Al marzo 1759 risale invece il pagamento della prima rata dell’opera, anche se prima di “montarla” si rese necessario predisporne le fondamenta e rifare il pavimento della Cappella, lavori questi che si protrassero fino al dicembre dello stesso anno.

 


Dopo la realizzazione del Tabernacolo

Finalmente, nei primi mesi del 1760 fu collocato nella sua sede definitiva il gruppo marmoreo dell’Altare Maggiore: esso destò subito meraviglia ed ammirazione, al punto che addirittura si decise all’unanimità di far otturare due finestre a mezzaluna “laterali al fenestrone del Coro” poiché il chiarore che esse emanavano comprometteva “la bellezza del nuovo Tabernacolo”.

 

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