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Commento alla Parola: 9.8.2021 – 14.8.2021

Lunedì 9: Os 2,15f.16.17b.21-22, Sal 44 (45); Eb 10,32-38; Mt 25,1-13
«Le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio» (Mt 25, 3)
A volte qualcuno pensa, con incauto ottimismo, che alla fin fine le cose si
aggiustano da sole, che, anche se non ci impegniamo come dovremmo, in
extremis salta fuori sempre un modo per cavarsela, perché c’è una buona stella
ci assiste sempre. È un po’ come lo studente che ha studiato poco, che fa
accendere alla nonna una candela in chiesa il giorno dell’esame: non sempre
funziona. C’è una responsabilità personale che non possiamo eludere, di fronte
alle grandi svolte dell’esistenza possiamo trovarci non attrezzati per affrontarle.
E la vita spesso è spietata, non fa sconti. Gesù lo sa e ci mette in guardia.

Martedì 10: Is 43,1-6; Sal 16 (17); 2Cor 9,6b-9; Gv 12,24-33
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore,
rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12, 24)
Vorremmo tutti una vita piena, una gioia continua, una fioritura completa della
nostra personalità, e vorremmo tutto queste cose subito. Gesù ci ricorda che la
strada per raggiungerle non è quella di pretenderle subito, di cercarle già
pronte. Ogni spiga turgida infatti da nasce da un chicco morto e sepolto nel
terreno. Le grandi metamorfosi che rendono più umana la storia possono
nascere solo da persone e da popoli che hanno accettato l’umiltà e la fatica del
vivere, che hanno attraversato tenebre e tempeste senza mai perdere la
speranza, continuando a scrutare l’orizzonte e a vedere l’invisibile. È la Pasqua
che agisce nella cuore degli uomini.

Mercoledì 11: 2Re 19,9-22.32-37; Sal 47 (48); Lc 12,8b-12
«Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo
riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini,
sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio» (Lc 12, 8-9)
Il nostro sguardo non può fermarsi nell’al di qua: tutto il Cristianesimo ne
risulterebbe meno che dimezzato. La questione della vita eterna è decisiva e più
passano gli anni più ce ne accorgiamo. Ne va del senso della vita che viviamo
quaggiù e anche del rapporto con i nostri cari defunti. Inoltre sono troppe le
ingiustizie spacciate per verità e le brutalità che passano sotto silenzio: tutto questo
invoca un momento in cui la verità verrà finalmente a galla, davanti agli occhi di
tutti. Il giudizio finale sarà certamente avvolto in un oceano di misericordia,
altrimenti non si salverebbe nessuno, ma al tempo stesso una testimonianza
luminosa non brillerà allo stesso modo di una testimonianza pavida.

Giovedì 12: 2Re 22,1-2; 23,1-3.21-23; Sal 20 (21); Lc 12,13-21
«Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede» (Lc 12, 15)
Fino a qualche mese fa erano molti ad essere convinti che l’uomo al giorno d’oggi ha finalmente in mano la sua vita, che con i soldi e la tecnologia i problemi si risolvono, che ormai abbiamo trovato il sistema per spingere in là anche il giorno della morte. Ma il Covid è stato impietoso nel mettere a nudo il nostro limite, nel costringerci alla solitudine anche nei momenti più solenni, nel farci toccare con mano la nostra impotenza. C’è anche chi si è sentito tradito da Dio. Ma chi legge il Vangelo, chi va a scuola dal crocifisso per imparare come vivere, sa bene che siamo noi ad esserci illusi e ad esserci allontanati dalla realtà.

Venerdì 13: 2Re 24,8-17; Sal 136 (137); Lc 12,22-26
«Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria
vita? Se non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate per il
resto?»(Lc 12, 25-26)
Crediamo di poter gestire e organizzare la nostra vita a nostro piacimento, in realtà
basta poco per vedere andare in frantumi i nostri programmi per un imprevisto, per
il Covid, per una sorpresa sgradita. A volte vogliamo forzare le cose, costringendole
nei nostri schemi, ma tocchiamo con mano il nostro limite. Se cerchiamo invece di
entrare nel progetto di Dio, inseguendo una volontà che non è la nostra, lasciandoci
guidare dall’amore, ci accorgiamo che tutto diventa un dono, ogni gioia si riempie
di riconoscenza e se dobbiamo affrontare difficoltà o ingiustizie impariamo a fidarci
davvero di Dio e sperimentiamo di non essere mai soli.

Sabato 14: Dt 4,32-40; Sal 94 (95); Eb 12,25-29; Mt 7,21-29
«Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un
uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia,
strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non
cadde, perché era fondata sulla roccia» (Mt 7, 24-25)
Nessuna vita è al riparo dalle intemperie. L’essere cristiani non è un amuleto contro
le sventure, né una ragione per pretendere da Dio un’esistenza senza sofferenze.
C’è un pensiero generalizzato su Dio secondo cui una vita onesta non dovrebbe mai
conoscere il dolore: eppure la croce di Gesù da 2000 anni ha liquidato questa idea.
Le vere domande dovrebbero essere altre: quali sono le certezze che non crollano?
Come resistere quando tutto vacilla? Come uscirò da questa prova? Come far
tesoro di questo tempo oscuro che sto attraversando? E l’esperienza indelebile è
sperimentare che quando tutto frana Gesù rimane, la conoscenza del suo amore
cresce, la croce ci stringe a lui in un modo tutto nuovo.

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