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Commento alla Parola: 8.8.2022 – 13.8.2022

Lunedì 8: 1Cr 11,1-9; Sal 88 (89); Lc 11,1-4
«Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno» (Lc 11, 2)
La prima parola della preghiera del discepolo di Gesù è: Padre. Altrimenti la preghiera diventa un pensare alla propria vita, ricurvi su di sé. Invece pregare è dialogare, relazionarsi, entrare in contatto: anche quando tutto sembra difficile e ci sembra di vivere soltanto la fatica di cercare il Suo volto. Occorre semplicità e apertura di cuore, i bambini in questo sono la scuola più esemplare. E subito desiderare che l’umanità intera si indirizzi verso di Lui, che Lo ascolti, ne realizzi tutti i progetti, perché è solo in Lui il segreto della gioia piena.

Martedì 9: Os 2,15f.16.17b.21-22; Sal 44 (45); Eb 10,32-38; Mt 25,1-13
«Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo» (Mt 25, 1)
Il Regno dei cieli è la festa più bella che ci sia, l’evento che rallegra la pesantezza dei giorni e dà spazio alla gioia, il momento in cui tutto si trasforma e i cuori si riempiono di letizia. Dio è questo e il solo suo pensiero dovrebbe farci trasalire di felicità. Per questo, nella parabola che Gesù racconta, le ragazze sono tutte presenti, perché nessuna di loro vuole perdere quest’occasione. Certe immagini di Dio, che vanno per fortuna scomparendo, che lo disegnano come un giudice che ti inchioda devono essere sostituite dal Dio che Gesù ci ha raccontato: il Padre attraente e sconfinatamente buono, capace solo di amare, di commuoversi per la bellezza di tutti i suoi figli di cui è perdutamente innamorato.

Mercoledì 10: Is 43,1-6; Sal 16 (17); 2Cor 9,6b-9; Gv 12,24-33
«Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12, 25)
Sono parole forti che possono lasciarci perplessi, ma sono pronunciate in un momento in cui si è nel cuore della prova e devi decidere su chi appoggiarti. O si è drastici o si è perduti. Gesù di fronte alla grande crisi del suo ministero avrebbe potuto dileguarsi e cercare fortuna altrove. Ma cosa sarebbe rimasto di lui? Soltanto la sconfessione di tutto quello che aveva detto e fatto fino a quel momento. Invece nella prova Lui si tuffa nel Padre, nel Suo progetto, pronto a perdere tutto il resto, a lasciare anche la sua vita terrena, le persone più care, la sua salute, la sua fama. Questo lo renderà capace di affrontare tutto, conoscendo abissi di dolore e di solitudine, ma realizzando qualcosa di immenso.

Giovedì 11: 1Cr 28,2-14; Sal 88 (89); Lc 11,14-20
«Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore» (Lc 11, 14)
Quando Gesù libera qualcuno dal demonio, la persona ritrova la pienezza della sua umanità. Il muto torna a parlare, si passa dall’incomunicabilità che isola e rattrista alla scioltezza del comunicare che crea nuove relazioni. E sono molti i demoni che ci assediano, anche se non pensiamo affatto di chiamarli così: la sfiducia, la lamentela, la critica corrosiva, il pessimismo, la passione per ciò che è futile, le intemperanze che ci rovinano il corpo e il cuore, la smania di apparire, l’idolatria dell’avere, ecc. Ma ogni volta che la forza di Dio ce ne libera, ritroviamo semplicemente noi stessi, quello che più profondamente siamo, proiettati verso quelle altezze a cui ci sentiamo chiamati.

Venerdì 12: 1Cr 29,20-28; Sal 131 (132); Lc 11,21-26
«Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna» (Lc 11, 24-25)
Nella lotta contro il male spesso siamo sprovveduti. Pensiamo che sia sufficiente archiviare quello che è successo, ricominciare a vivere con tutta serenità, come se nulla fosse accaduto. Invece le nostre fragilità ci segnano e se le cadute si ripetono ci rendono sempre più esposti e deboli. Occorre cercare dei rimedi, accettare di fare fatica, industriarci per trovare soluzioni efficaci. Se il cuore è vuoto in qualche modo verrà riempito: se non lo riempiamo noi di Dio, lo occuperà qualcun altro e ci ritroveremo più feriti di prima. Leggiamo troppo spesso di delitti che lasciano sgomenti. A parte le patologie, sono spesso il frutto di chi si lascia guidare giorno dopo giorno da pensieri sempre più terribili senza opporsi.

Sabato 13: Nm 14,26-35; Sal 97 (98); Eb 3,12-19; Mt 13,54-58
«Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua”» (Mt 13, 57)
Era finalmente l’occasione buona per aprire gli occhi e vedere un mondo che non avevano mai visto. Certamente Gesù nella sua città di Nazaret aveva testimoniato con semplicità ciò che lui era, per trent’anni. Ma i giudizi delle persone rimanevano superficiali, legati al censo, alla parentela, nella quale magari non tutti eccellevano né per capacità, né forse per bontà. Adesso però alla luce di quanto si diceva in giro e di quanto ascoltavano da lui potevano ricredersi, riconoscere, apprezzare, rallegrarsi, addirittura diventare discepoli. Ma i nostri pregiudizi sono duri a morire. Ci vuole una libertà di cuore che non dobbiamo mai smettere di chiedere

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