Lunedì 30: 2Mac 3,1-8a.24-27.31-36, Sal 9 (10); Mc 1,4-8
«Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di
conversione per il perdono dei peccati» (Mc 1, 4)
Un battesimo d’acqua nell’attesa di un Messia. È tutto qui Giovanni Battista.
Eppure la sua opera attrae, convoca segretamente nei cuori gente di ogni tipo.
Ogni uomo sincero e onesto sa dentro di sé di dover cambiare, ma è solo la
prospettiva concreta di una realtà nuova, possibile e a portata di mano, che
spinge a fare un passo in avanti. Occorrerebbe perciò approntare esperienze
semplici, ricche di accoglienza e di attenzione verso ciascuno, alimentate da
persone che credono davvero fino in fondo nell’amore. Allora non c’è bisogno
di troppe parole, ne bastano molto poche. È questa vita, questo mondo nuovo,
che conquista.
Martedì 31: 2Mac 4,7-12a.13-17a; Sal 93 (94), Lc 3,15-18
«Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono
degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo
granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile» (Lc 3, 16)
Le promesse di Giovanni sono invitanti, toccano i cuori di chi cerca una vita
diversa e li coinvolgono. Occorre però che le promesse vengano mantenute. E
con Gesù questo avverrà. Ma non sarà secondo le previsioni. Dio infatti lo
riconosci perché ti sorprende. Realizza quanto ha detto, ma in un modo che noi
prima non conosciamo. Anche se sappiamo chi è Dio, attraverso il Vangelo e,
con il passare degli anni, grazie alle esperienze della vita, di fatto ci raggiunge in
un modo nuovo proprio quando non ce l’aspettiamo. Spesso ci conferma in ciò
che già sapevamo con la testa, ma farne esperienza è tutta un’altra cosa.
Mercoledì 1: Is 48,22 – 49,6; Sal 70 (71); Gal 4,13-17; Mc 6,17-29
«Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui;
nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri» (Mc 6, 20)
Il mondo di Erode e quello di Giovanni erano distantissimi. Difficile trovare un
ponte che li mettesse in comunicazione. Era comprensibile quindi la forte
perplessità di Erode nell’ascoltare Giovanni. Però qualcosa lo attirava, quelle
parole risvegliavano in lui alcuni angoli non del tutto spenti del suo cuore. Il
problema era però il suo senso di superiorità, il suo potere di tener Giovanni in
carcere e soprattutto il non mettere in pratica quello che ascoltava. Possiamo
anche noi ascoltare parole belle che affascinano e commuovono, ma se non
scattano passi o comportamenti nuovi quell’ascolto diventa solo una pericolosa
illusione, che ci rende più deboli, perché paralizza la forza della Parola.
Giovedì 2: 2Mac 10,1-8; Sal 67 (68); Mt 11,7b.11-15
«In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di
Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui»
(Mt 11, 11)
Sembra contraddittoria questa frase, mentre invece nasconde una rivelazione
nuova e sorprendente. La statura umana e spirituale di Giovanni sono fuori
discussione e Gesù lo conferma. Ma la realtà del Regno che Gesù inaugura non
dipende dalle energie spirituali del singolo. È anzitutto un dono nuovo che viene
dall’Alto. È Gesù che ci porta là dove da soli non potremmo mai arrivare. Per
questo nella vita del discepolo sono molto più importanti le grazie che
riceviamo di quello che noi facciamo. Occorre perciò convertirci ogni giorno e
diventare come i bambini che anzitutto attendono il dono del Padre, gioiscono
e vivono di quello.
Venerdì 3: 2Mac 12,38-46; Sal 102 (103); Gv 1,35-42
«Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”» (Gv 1, 35-36)
Chissà con quale intensità, con quale emozione Giovanni avrà pronunciato questa frase. Aspettava da una vita quel momento, viveva in funzione di quello, sapeva che sarebbe arrivato, ma non sapeva né quando né come. Nel vedere passare Gesù gli occhi si illuminano e lo riconosce. Lo chiama “agnello di Dio”, ma nel suo pensiero è convinto che brucerà il male definitivamente e senza pietà. Forse avrà capito poco a poco che doveva convertirsi alle sue stesse parole, ascoltare lui per primo quello che aveva detto. Agnello, sarebbe stato il Messia. Mite, umile, disarmato. Con un amore infinito per ciascuno, pronto a dare la sua vita per tutti.
Sabato 4: Dt 10,12 – 11,1; Sal 98 (99), Rm 12,9-13; Gv 12,24-26
«Chi ama la propria vita, la perde» (Gv 12, 25)
È talmente in controtendenza questa frase di Gesù che merita prenderla in seria
considerazione. Sembra così ovvio assecondare quello che uno sente dentro di
sé come pulsione naturale, istintiva, come desiderio legato anche alle proprie
capacità, che ci si domanda perché occorrerebbe censurare tutto questo. In
realtà non è così. Si tratta più precisamente di non legarsi ai propri progetti
come se fossero un bene intoccabile, ma credere che molte cose, anche di me
stesso, ancora non le ho capite e non le conosco. Libertà è anche rimanere
aperti alle nostre risorse sconosciute, saper ascoltare, lasciarsi interrogare,
anche consigliare, osare strade nuove, sapendo che in questo cammino di verità
Dio non ci lascia mai soli.