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Commento alla Parola: 27.9.2021 – 2.10.2021

Lunedì 27: 2Pt 1,12-16; Sal 18 (19);Lc 18,28-30
«In verità io vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà» (Lc 18, 29-30)
Spesso Gesù usa il verbo “lasciare”, che non significa necessariamente “abbandonare” bensì “mettere Lui al primo posto”. Il resto rimane, ma non ha più l’esclusività di prima. Pietro non ha ancora capito che questa è la formula della felicità: lasciar trasformare tutto ciò che abbiamo di più caro dall’amore di Dio, come se non ci appartenesse più. Ci verrà restituito trasfigurato, centuplicato, ma lo vivremo in modo più distaccato perché non è più nostro.

Martedì 28: 2Pt 1,20 – 2,10a; Sal 36 (37); Lc 18,35-43
«”Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Egli rispose: “Signore, che io veda di nuovo!”. E Gesù gli disse: “Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato”» (Lc 18, 41-42)
A differenza dell’altro cieco guarito da Gesù, Bartimeo un tempo ci vedeva e non si dà per vinto, vuol ritornare a vedere. A volte nella vita ci sono momenti di buio anche pesto: da una fede viva, ci troviamo in un’aridità soffocante. È il momento di non abbassare la guardia, di pregare ancora di più, di credere con la testa se non ci si riesce con il cuore. Alla fine ci sentiremo dire: «Abbi di nuovo la vista».

Mercoledì 29: Ap 11,19 – 12,12; Sal 137 (138) Gv 1,47-51
«Natanaele gli domandò: “Come mi conosci?”. Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi”» (Gv 1, 48)
Natanaele arriva da Gesù chiamato da Filippo e scopre che Lui lo stava già aspettando e lo conosceva da sempre. Nella nostra vita di fede ci sono stati degli incontri determinati che ci hanno fatto decidere di andare verso Gesù. Prima di quelli la vita di fede era qualcosa di appiccicato, quasi di subìto. Magari in molti prima hanno preparato il terreno, ma in ognuno di noi c’è un momento specifico in cui abbiamo deciso di lasciarci condurre a Lui. Chiediamo al Signore di poter essere questo punto di partenza per
altri.

Giovedì 30: 2Pt 3,1-9; Sal 89 (90); Lc 19,37-40
«Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto» (Lc 19, 37)
Anche noi, se guardiamo a tutti i prodigi che il Signore ha fatto nella nostra vita, non possiamo che lodare Dio. Ma dobbiamo ricordare che la discesa dal monte degli ulivi precede la salita al Calvario.
Oltre ai momenti di grazia, ci sono le fatiche, le prove. Sono quelli i momenti in cui è più necessario rimanere uniti a Lui senza lasciarci scoraggiare, per partecipare poi alla sua Resurrezione.

Venerdì 1: 2Pt 3,10-18; Sal 96 (97); Lc 20,1-8
«Sopraggiunsero i capi dei sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo: “Spiegaci con quale autorità fai queste cose o chi è che ti ha dato questa autorità”» (Lc 20, 1-2)
La richiesta è legittima, ma l‘intenzione è malvagia. Gesù non è ingenuo, è prudente come i serpenti e sa bene che non a tutti si deve rispondere allo stesso modo. Non è questione di diplomazia, ma di verità e in ultima analisi di amore. Le risposte stereotipate infatti, quelle che vanno bene per tutti, non guardano l’interlocutore, lo trattano come un numero anonimo di una massa. Gesù invece parla a ciascuno con il linguaggio e le parole che a lui meglio si addicono. Perché l’amore dialoga con l’originalità e l’unicità di ciascuno e sa che solo così si può raggiungere e toccare il cuore.

Sabato 2: Dt 15,1-11; Sal 97 (98); Ef 2,1-8; Lc 5,29-32 oppure
Es 23,20-23a; Sal 90 (91); Eb 1,14 – 2,4; Mt 18,1-10
«Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”»
(Lc 10, 39)
Il dottore della legge che pone questa domanda a Gesù non ha intenzioni provocatorie, non gli tende tranelli. Forse in cuor suo vorrebbe semplicemente sentirsi confermato nel bene che fa e non troppo scomodato dalla sua attività a servizio del tempio, dal suo impegno di istruire il popolo sulle realtà di Dio. La parabola del buon samaritano che Gesù gli racconta in risposta lo punge nel vivo. Non è vero un amore per Dio che diventa un alibi per ignorare i bisogni del fratello. L’incontro con chi soffre è una grande occasione per umanizzarci, per farci uscire dal bozzolo delle nostre abitudini in cui ci rinchiudiamo e nel quale rischiamo anche di soffocare. L’amore concreto ci salva.

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