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Commento alla Parola: 27.6.2022 – 2.7.2022

Lunedì 27: Lv 19,1-19a; Sal 18 (19); Lc 6,1-5
«E diceva loro: “Il Figlio dell’uomo è signore del sabato”» (Lc 6, 5)
Un’affermazione fortissima nella cultura di Israele. Perché per l’ebreo il sabato, oggi come allora, è il segno con cui il credente esprime il primato di Dio su tutta la sua vita, il suo dipendere interamente da Lui. La custodia, che a noi appare un po’ ossessiva, delle regole del sabato nasce dall’urgenza di mostrare fino a che punto Lui è importante per noi. Ma resta il fatto che si tratta solo di un segno, che indica Qualcuno di più importante. E un segno non è Dio. Gesù con questa affermazione dichiara quindi di essere un segno più grande, di essere prima della legge. Una pretesa che sconquassava tutto l’impianto religioso del tempo.

Martedì 28: Nm 6,1-21; Sal 98 (99); Lc 6,6-11
Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?» (Lc 6, 9)
Il sabato per l’israelita era ed è tutto di Dio. D’accordo. Questo è ciò che l’uomo fa per Dio. Ma Dio cosa chiede all’uomo? La rinuncia radicale ad ogni attività, o l’amore? Prendersi cura dell’uomo soprattutto bisognoso non è forse ciò che Dio desidera più di ogni altra cosa? Non è difficile trovare ragioni evidenti per essere d’accordo con la logica di Gesù. Ma quando noi mettiamo le leggi e le nostre convinzioni religiose davanti a tutto, ritenendole un assoluto da non toccare, si può arrivare a smettere di vedere la realtà, si arriva a rifiutare ogni logica. E neppure Dio riesce più a convincerti.

Mercoledì 29: At 12,1-11; Sal 33 (34); 1Cor 11,16 – 12,9; Gv 21,15b-19
Ss. PIETRO E PAOLO, APOSTOLI
«Gesù disse a Simon Pietro: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Gli disse di nuovo, per la seconda volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pascola le mie pecore”. Gli disse per la terza volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”, e gli disse: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecore”» (Gv 21, 15-17) Tre domande. Sempre meno esigenti: “Mi ami più di costoro?”, “Mi ami?”, “Mi vuoi bene?”. Perché anche Pietro ha i suoi alti e bassi, entusiasmi e crolli. La risposta di Gesù è sempre la stessa: “Pasci, pascola le mie pecore, i miei agnelli”. Come a dire che per Gesù conta la relazione con Lui, pronta a riprendersi e a ricominciare subito dopo ogni infedeltà. E la missione non dipende dai tuoi slanci o dalla tua infallibilità: sei sempre mandato da Gesù ai tuoi fratelli, a prenderti cura di loro, anche in mezzo alle tue fragilità. E l’esperienza di questa misericordia che ti guarisce sempre ti renderà diverso, ti
cambierà sempre più il modo di vedere e di amare i fratelli.

Giovedì 30: Nm 27,12-23; Sal 105 (106); Lc 6,20a.24-26
«Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione»
(Lc 6, 24)
La ricchezza ha i suoi svantaggi. Soprattutto se diventa lo scopo principale della vita, cambia il cuore e lo rende freddo e calcolatore. Ci concentra sempre sulle cose, sull’avere, cercando lì una pienezza che raggiunge sì degli apici, ma poi svanisce spingendo a cercare nuove emozioni. Le consolazioni del ricco ci sono, ma non appagano e soprattutto distolgono da ciò che rende davvero felici. Se invece il tesoro del cuore è Gesù, anche semplici briciole stupiscono e saziano e si vorrebbe tanto continuare a camminare sempre su quel raggio di luce della Sua volontà, in cui tutto ci parla e tutto ha valore.

Venerdì 1: Nm 33,50-54; Sal 104 (105); Lc 6,20a.36-38
«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6, 36)
E chi riuscirà mai a pareggiare la misericordia del Padre? Come si fa a perdonare e a continuare ad amare come Lui sa fare? Credo che questa frase sia detta da Gesù per spalancare un orizzonte sconfinato, per farci capire che non esistono mai eccessi di misericordia, che non è mai troppa. Un richiamo utile, perché a volte ci sembra di aver già fatto abbastanza, di aver sopportato e amato oltre ogni limite, riteniamo che ormai il momento della condanna sia arrivato, mentre invece abbiamo soltanto cominciato a muovere i primi passi nella strada della misericordia.

Sabato 2: Lv 23,9.15-22; Sal 96 (97); Rm 14,13 – 15,2; Lc 11,37-42
«Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria» (Lc 11, 39)
La cura che abbiamo nel mostrare un’immagine apprezzabile di noi stessi di fronte agli altri è spesso direttamente proporzionale alle fragilità che ci trasciniamo addosso e dalle quali non riusciamo a liberarci. Ciò non significa che sia il momento di tirare i remi in barca e accettare supinamente il nostro limite, ma che, pur continuando a combattere, occorra finalmente vedere nelle fragilità altrui lo specchio delle nostre e riconoscere, almeno dentro di noi stessi, che quando ricevo complimenti è solo per la mia ipocrisia. È solo la misericordia che mi salva. Quando accetto questa verità, inizia lo spazio della gratitudine per l’amore immeritato che mi guarisce e mi rilancia nella vita dopo ogni scivolone.

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