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Commento alla Parola: 26.9.2022 – 1.10.2022

Lunedì 26: Gc 2,14-26; Sal 111 (112); Lc 18,28-30
«In verità io vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà» (Lc 18, 29-30)
Le parole di Gesù a Pietro sono rassicuranti, hanno il sapore di una promessa che non prevede eccezioni. “Molto di più”, “la vita eterna”: chi mai potrebbe garantire altrettanto? Qui sperimentiamo che nella nostra fede noi essenzialmente ci fidiamo di Gesù. Ci appoggiamo a Lui. Anche quando non abbiamo tutte le risposte, anche quando i contorni sono imprecisi e desidereremmo qualche conferma razionale in più, da ultimo ciò che ci convince è che “l’ha detto Lui”, “l’ha promesso Lui”. E di uno che mi ha amato fino a dare la vita per me, mi posso fidare.

Martedì 27: Gc 3,1-12; Sal 38 (39); Lc 18,35-43
«Allora gridò dicendo: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”» (Lc 18, 38-39)
Quando siamo in ascolto di un nostro urgente bisogno, le reazioni di chi ci sta accanto ci condizionano fino a un certo punto. Se gli altri non capiscono quello che sto vivendo, forse non è colpa loro, ma io così non posso andare avanti. E lo grido! Gesù, con il suo fermarsi, ascoltare e guarire il cieco di Gerico, mostra che aveva ragione lui. Anche se prima tutti gli davano torto e ne provavano solo fastidio. Quel suo gridare, quel suo insistere fino a spaccare i timpani, è stato provvidenziale anche per gli altri, che alla fine lodano Dio per la sua grandezza. Il grido di chi soffre è una chance di conversione anche per chi sta attorno.

Mercoledì 28: Gc 3,13-18; Sal 36 (37); Lc 19,11-27
«Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi» (Lc 19, 22-23)
Una parabola che non fa sconti ai credenti neghittosi, che attendono inoperosi che tutto scenda dal Cielo. Tutti infatti possediamo monete d’oro da impiegare e chi crede di non averne è perché non ha frugato bene nelle tasche. Certo, non tutti hanno la capacità imprenditoriale di moltiplicare quello che hanno, ma anche questo non li giustifica. Gesù porta l’esempio delle banche del suo tempo che offrivano gli interessi: un modo semplice, alla portata di tutti, per trarre vantaggi nonostante le proprie incapacità, affidandosi a chi ha più esperienza. Insomma, dobbiamo darci tutti da fare. Sperimentando che aiutandosi a vicenda e camminando insieme si va più lontano e i doni di ciascuno diventano doni per tutti.

Giovedì 29: Tb 12,6-15; Sal 90 (91); Col 1,13-20; Gv 1,47-51
«In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo» (Gv 1, 50)
Una promessa di Gesù che non sembra corrispondere a situazioni precise riportate in seguito nei racconti evangelici. Ci sono angeli che appaiono per l’annuncio della risurrezione, ma non nel modo qui descritto. Evidentemente si tratta perciò di un’intuizione sintetica: in effetti con la presenza di Gesù, Dio fatto uomo, cielo e terra comunicano senza più ostacoli. C’è anzi un andare e venire fluido, normale tra le cose divine e quelle terrene, perché ormai il mondo di Lassù e quello di quaggiù si tengono per mano. Tutto parte da Lui e a Lui ritorna, perché ogni realtà ha in Lui la sua origine e il suo compimento e in Lui siamo tutti uno.

Venerdì 30: Gc 4,13 – 5,6; Sal 61 (62); Lc 20,1-8
«Sopraggiunsero i capi dei sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo: “Spiegaci con quale autorità fai queste cose o chi è che ti ha dato questa autorità”. E Gesù rispose loro: “Anch’io vi farò una domanda. Ditemi: il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini?”» (Lc 20, 1-4)
Alla domanda così esplicita di questi capi religiosi, Gesù avrebbe potuto affermare o ribadire la Sua provenienza dal Padre, la Sua divinità, chiarendo apertamente la Sua identità e ponendo fine ad ogni dubbio. In realtà non è una risposta quello che queste persone cercano, ma pretesti per accendere discussioni o lanciare invettive. Gesù lo sa e dirotta l’attenzione su altro, per smascherare le loro vere intenzioni. In questo modo spegne sul nascere ogni polemica. Sul loro silenzio può tacere anche Lui, togliendo ogni aggressività alla provocazione. Fa chiarezza quindi, ma in un modo diverso, senza scendere sul terreno di dibattiti assolutamente inutili.

Sabato 1: Dt 15,12-18b; Sal 97 (98); Fm 1,8-21; Mt 8,5-15
Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». (Mt 8,5-6)
Charles de Foucauld fa parlare Gesù così: «Dal centurione devi imparare: a pregarmi nei tuoi bisogni e non solo nei tuoi ma in quelli degli altri, non solo per te, ma per gli altri, non solo per i tuoi parenti, amici, ma per i tuoi domestici, per i più piccoli; devi imparare a essere caritatevole verso coloro che il mondo guarda come gli ultimi, guardarli come appartenenti alla tua famiglia, come tuoi uguali, tuoi fratelli (sono realmente tuoi eguali e tuoi fratelli in me). Da me devi imparare ancora di più: la carità gratuita, amabile, servizievole, che si dimentica di sé, sollecita; la carità che non si risparmia alcun dolore, che non ha paura della fatica; la carità verso tutti, ugualmente tenera, sollecita, gratuita verso tutti».

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