Lunedì 20: 1Gv 4,15-21; Sal 32 (33); Lc 17,26-33
«Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore»
Il tesoro del cristiano è il Paradiso. Lì impara a ritornare spesso con il suo pensiero, perché sa che tutto passa, ma Dio resta. Perciò si allena a non accumulare tesori, a non avvinghiarsi a ciò che lo attira su questa terra: tutto il bello che vediamo quaggiù è solo piccola anticipazione e profezia di ciò che sarà lassù. Così le ansie e le paure hanno uno sbocco dove possono rifluire e non terrorizzano più. Il guaio invece è per chi si è educato e si è convinto che quello che esiste sia già tutto sotto i nostri occhi. Quando perde qualcuno o qualcosa di molto importante la sua vita si svuota completamente e rimane solo l’abisso che lo può anche inghiottire.
Martedì 21: At 1,12-14; Sal 18 (19); Ef 1,3-14, Mt 9,9-17
«Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco
delle imposte, e gli disse: “Seguimi”.
Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli» (Mt 9, 9-10) La vocazione del
pubblicano Matteo non è un evento dirompente che si conclude con il suo
inserimento nel gruppo dei Dodici. Lo scandalo prosegue e diventa stile di vita.
Se lui è stato accolto significa che c’è posto per tutti quelli che sono come lui.
Gesù non si mette a tavola solo con quelli che hanno deciso di fare come
Matteo. Accanto a lui ci sono tutti i suoi vecchi amici che si sono sentiti invitati,
ma che probabilmente non lo imiteranno. Queste frequentazioni di Gesù,
giudicate ovviamente cattive, proseguiranno sempre nella sua missione.
Proseguono anche oggi. Con tanto dispetto dei benpensanti.
Mercoledì 22: 1Gv 5,14-21; Sal 45 (46); Lc 18,15-17
«Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio”» (Mt 18, 16)
Quando vivi un’esperienza evangelica, soprattutto comunitaria, in cui il cuore si gonfia di gioia e non capisci bene perché, sei tentato di pensare che per prolungare quei giorni tu debba anzitutto fare meditazioni o riflessioni più approfondite. Invece la strada è un’altra: diventare bambini. Se hai scoperto che l’essenziale che riempie il cuore non è frutto
dell’opera delle tue mani, ma è anzitutto dono imprevedibile, impari a ricevere più che a fare, ad attendere da Lui e non solo a produrre tu. Vivi del dono che ti arriva, nelle pieghe anche complesse della tua giornata. E riconosci lì il passaggio di quel Dio che ti ha riempito di gioia e continua a nutrirla.
Giovedì 23: 3Gv 1-8.13-15; Sal 36 (37); Lc 18,18-23
«Gesù gli disse: “Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai,
distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!”» (Lc 18, 22)
Gesù non si stanca di ricordarci che la sorgente della vera gioia sta nel non
trattenere nulla. Inaugura così la cultura del dare, del condividere. Ti fa
scoprire che la gioia, regalata al fratello grazie al tuo dono, ti ritorna indietro
moltiplicata. A ben pensarci questa è proprio la condizione di chi ama: dona
tutto e si nutre della gioia che ha distribuito. Questo è al tempo stesso il punto
di arrivo e la “conditio sine qua non” della gioia evangelica. Il giovane ricco
infatti era arrivato proprio sulla soglia, gli mancava solo di fare quest’ultimo
passo. Il non averlo fatto gli ha lasciato solo tristezza.
Venerdì 24: 2Pt 1,1-11; Sal 62 (63), Lc 18,24-27
«Quando Gesù lo vide così triste, disse: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio”» (Lc 18, 24)
La base della nostra felicità è seguire il progetto che il Signore ha su di noi. E non si tratta solo delle scelte vocazionali fondamentali che si prendono di solito in età giovanile. Ogni giorno siamo chiamati, occorrono scelta continue e spesso sono difficili perché il guadagno, il potere anche ristretto ad alcuni ambiti, il quieto vivere, la stima degli altri, non possono essere il criterio di scelta. La nostra felicità dipende da altro.
Sabato 25: Ger 33,17-22; Sal 8; Eb 13,7-17; Mt 7,24-27
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a
un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia» (Mt 7, 24)
Ognuno di noi è quella casa da costruire sull’unica sicurezza che abbiamo: il
Signore. Via via che passano gli anni, scopriamo quali fondamenta abbiamo
usato e a volte la scoperta è deludente, ma non è mai troppo tardi, la nostra
roccia è sempre lì pronta a sorreggerci. Di tempeste ne abbiamo viste tante,
alcune hanno rischiato di travolgerci e così piano piano abbiamo imparato ad
ancorarci a Lui e diventare roccia per altri.