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Commento alla Parola: 18.7.2022 – 23.7.2022

Lunedì 18: Gs 1,1.6-9; Sal 27 (28); Lc 8,34-39
«Allora tutta la popolazione del territorio dei Gerasèni gli chiese che si allontanasse da loro, perché avevano molta paura. Egli, salito su una barca, tornò indietro» (Lc 8, 37)
I geraseni sono choccati da tutti quei porci annegati nel lago. Al punto che non riescono ad essere felici che un uomo sia stato riportato ad una vita dignitosa, dopo anni in cui si era comportato come un pazzo, vittima di una possessione diabolica. E quindi chiedono a Gesù di andarsene via. Lui obbedisce e se ne va. Se non è accolto non protesta, se questi pagani non apprezzano i miracoli non li rimprovera, comprende semplicemente che adesso la sua missione è altrove. Ma anche lì sarà rimasto un segno luminoso del suo passaggio: l’uomo guarito non smetterà di raccontare in quella terra ciò che Dio ha fatto per lui.

Martedì 19: Gs 2,1-15; Sal 135 (136); Lc 8,40-42a.49-56
«Egli le prese la mano e disse ad alta voce: “Fanciulla, àlzati!”. La vita ritornò in lei e si alzò all’istante. Egli ordinò di darle da mangiare. I genitori ne furono sbalorditi, ma egli ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che era accaduto» (Lc 8, 54-56)
Ci si domanda come sia possibile tacere un dono così immenso com’è quello di una figlia riportata in vita. L’ordine di Gesù sembra incomprensibile e anche irrealizzabile: anche tutti coloro che hanno visto la ragazza morta non potranno tacere. Gli esegeti spiegano che Gesù non vuole che si pensi che la salvezza del mondo avvenga a forza di miracoli, ma che il segno su cui vuole concentrare tutta l’attenzione sarà la croce. Però rimane anche questa riservatezza, questo segreto che Gesù chiede: “il dono è per voi, per la vostra famiglia, è anzitutto segno del mio amore personale”. La morte della fanciulla non è un pretesto offerto a Gesù per farsi pubblicità.

Mercoledì 20: Gs 3,1-13; Sal 113A (114); Lc 9,10-17
«Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida»
(Lc 9, 10)
Gesù ascolta i suoi amici e li porta con sé in un luogo tranquillo, come per una piccola vacanza. Un dettaglio illuminante. Mostra l’importanza per Lui del dare spazio al racconto, all’ascolto calmo e prolungato, perché il discepolo possa gustare gli eventi vissuti e comunicare la gioia della sua vita in missione. Occorrono spazi calmi e tempi prolungati per fare questo: non è un’interruzione della missione, perché il fare famiglia con Gesù e con gli altri apostoli è già realizzazione necessaria di quella vita che il discepolo ha annunciato. La fraternità ha bisogno di tempi e di spazi, altrimenti rimane un ideale disincarnato e non concretizzato.

Giovedì 21: Gs 4,19 – 5,1; Sal 112 (113); Lc 9,18-22
«Egli pose loro questa domanda: “Le folle, chi dicono che io sia?”. 19Essi risposero: “Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto”» (Lc 9, 18-19)
Un profeta. È la sintesi delle risposte sull’identità di Gesù, dopo questo rapido sondaggio presso i suoi discepoli. Profeta significa uomo di Dio, uomo libero, uomo che parla a tutti, che ha parole importanti da comunicare. Significa anche uomo scomodo, inascoltato, rifiutato, deriso. Ma anche uomo che lascia un segno nella storia, che diviene famoso specialmente dopo che ha lasciato questa terra. Una descrizione che si adatta bene a Gesù. Ma Lui è anche molto, infinitamente di più. Però non tutti lo possono comprendere. Lui stesso non lo pretende, perché è un dono del Cielo che solo i piccoli possono accogliere.

Venerdì 22: Ct 3,2-5; 8,6-7; Sal 62 (63); Rm 7,1-6; Gv 20,1.11-18
«Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro””» (Gv 20, 17)
Maria di Magdala vorrebbe trattenere il Risorto, averLo tutto per sé, poterne gustare la presenza, ma non può. Gesù le dice di andare dai fratelli a comunicare la notizia. Quando si sperimenta la gioia dell’incontro con Gesù non ci si vorrebbe più muovere da lì, un po’ come avvenne anche per i tre apostoli sul monte della Trasfigurazione. Occorre a volte saper “perdere” Dio per Dio, la gioia dell’intimità con Lui per l’amore per Gesù presente nei fratelli. È sempre un rimanere con Lui, ma in modo diverso. Solo l’amore di Gesù crocifisso, che accetta anche di “perdere” il Padre nel suo grido di abbandono, può indicarci un amore così grande.

Sabato 23: Gdt 8,2-8; Sal 10 (11); 1Tm 5,3-10; Mt 5,13-16
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente» (Mt 5, 13)
L’apparenza del sale è sempre più o meno la stessa. È difficile riconoscere il sale buono solo ad occhio nudo. Occorre assaggiarlo. Così per noi, non sono decisive le apparenze di vita cristiana, quanto il cuore, la scelta interiore con cui si vive. La vita, più delle parole, rivela chi sei. Siamo perciò provocati a mantenere accesa la relazione con Gesù, perché ogni cosa trovi senso e sapore in Lui. Così, anche e soprattutto nei momenti difficili, si rivelerà con chiarezza che cosa ci fa vivere e la bellezza della testimonianza cristiana potrà brillare più che mai.

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