Lunedì 18: At 1,1-8; Sal 88 (89); Col 4,10-16.18; Lc 10,1-9
«Il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10, 1)
È notevole il fatto che l’invio dei questo nutrito gruppo di discepoli che stavano attorno a Gesù sortirà la stessa liberazione dal maligno realizzata dai Dodici. Ciò significa che la missione non dipende dal prestigio del singolo, ma dall’opera di Dio attraverso di lui. Del resto è ben evidente che le radici di fede nella vita di ciascuno sono sicuramente legate all’annuncio ricevuto da un cristiano, ma la solidità della fede, la sete di Dio che ci anima non può essere fabbricata o indotta dal di fuori. Solo lo Spirito che è in noi, ascoltato docilmente, può tenerla accesa e alimentarla fino a compiere capolavori di santità che nessuno può prevedere.
Martedì 19: Ap 1,10; 2,1-7; Sal 7; Mc 3,13-19
«Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui»
(Mc 3, 13)
È la chiamata di Gesù a istituire gli apostoli. Non lo si diventa per meriti o desideri personali. Quel giorno sul monte echeggiarono i loro nomi, magari di fronte ad una grande folla che era in attesa, si staccarono dal gruppo per avvicinarsi a Lui, per formare un corpo nuovo attorno a Lui, insieme a Lui. Sin dagli inizi quindi Gesù pensava al dopo, alla Chiesa, ai secoli futuri nei quali la Parola sarebbe dilagata nell’umanità per giungere anche a noi. E ogni volta che anche il nostro nome risuona nella comunità cristiana, dal Battesimo agli altri sacramenti, è sempre l’eco di quella voce che chiamò sul monte e che non smetterà mai di chiamare fino alla fine dei secoli.
Mercoledì 20: Ap 1,10; 2,12-17; Sal 16 (17); Mc 6,7-13
«Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due» (Mc 6, 7)
La prima indicazione della missione che Gesù dà ai suoi è quella di non partire da soli. Due è il minimo di una comunità, è il preludio della vittoria sull’individualismo che avvilisce l’uomo, è l’occasione per vivere sempre la reciprocità dell’amore che è il comandamento di Gesù e il segno che la vita di Dio è scesa in terra. A due a due perché la loro testimonianza venisse riconosciuta nella loro cultura, ma soprattutto perché così Gesù non sarebbe rimasto lontano, ma li avrebbe accompagnati nel viaggio, agendo in loro e abitando stabilmente in mezzo a loro. Gesù tra noi infatti, attirato dall’amore reciproco, dà forma reale alla Chiesa.
Giovedì 21: Ap 1,10; 3,1-6; Sal 16 (17); Lc 10,1b-12
«Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”» (Lc 10, 8-9)
Nella missione occorre sapersi situare, restare. Queste parole di Gesù fanno pensare che tutto sia stato già preparato dall’Eterno Padre, dal cibo agli incontri. E si direbbe anche che non ci sia bisogno di scappare subito altrove, gli incontri e l’annuncio richiedono un tempo congruo e necessario. In queste visite c’è pace, non fretta, sguardi profondi e ascolti anche prolungati, perché il Regno di Dio è Dio che abita con noi, tra noi, anche nelle nostre case. Perché lasci il segno un’esperienza non può essere fuggevole: occorre dimorare, perché le parole mettano radici e i cuori si preparino all’arrivo di Gesù.
Venerdì 22: Ap 1,10; 3,14-22; Sal 14 (15); Lc 8,1-3
«C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità» (Lc 8, 1-2)
Interessante questa comunità promiscua al seguito di Gesù. È proprio il prototipo della Chiesa, chiamata a fare tesoro di tutti i doni che la compongono. Ci accorgiamo di quanto sia attuale e profetica questa icona:
i doni di uomini e donne sono molto diversi e complementari tra loro e ogni comunità cristiana che valorizza tutti i suoi membri se ne ritrova arricchita. Anche in questo scopriamo che spesso la cultura ci spinge a vivere sempre meglio il Vangelo e ci accorgiamo che alcune istanze, che emergono oggi in modo sempre più evidente, erano già presenti e operanti nell’esperienza di Gesù che i Vangeli ci hanno consegnato.
Sabato 23: Dt 18,9-14; Sal 96 (97); Rm 1,28-32; Lc 5,1-11
«Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare» (Lc 5, 7)
Una quantità inimmaginabile. C’è da domandarsi da dove saltassero fuori tutti quei pesci, visto che il lago di Tiberiade non è poi così gigantesco. Ma ciò che colpisce di più è la profezia del miracolo, che si è compiuta in modo infinitamente più abbondante e continua a perdurare nei secoli: l’annuncio del Vangelo e l’adesione di persone di tutti i popoli del mondo alla parola di Gesù. Una diffusione per certi versi misteriosa che ci fa bene contemplare, specie quando ci lasciamo spaventare dalle difficoltà dell’evangelizzazione e dal diminuito influsso del Cristianesimo sulle masse nel cosiddetto Primo mondo. Questa diffusione è proprio un’opera di Dio inarrestabile.