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Commento alla Parola: 16.5.2022 – 21.5.2022

Lunedì 16: At 21,17-34; Sal 121 (122); Gv 8,21-30
«Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati» (Gv 8,23-24)
Gesù per definirsi dice “Io Sono”, che nella Bibbia è la parola con cui Dio stesso si rivela a Mosè. Per gli Ebrei era difficilissimo credere in un uomo che si presentasse così. E qui c’è lo spartiacque tra chi crede e chi no. Credere in Gesù vuol dire credere che è Dio, ma un Dio che esce da ogni canone, che è sostanzialmente solo Amore. Un Dio che si lascia rifiutare senza vendicarsi, che si lascia mettere in croce continuando ad amare i suoi carnefici, che chiede a chi vuole seguirlo di fare altrettanto. Per molti era troppo.

Martedì 17: At 22,23-30; Sal 56 (57); Gv 10,31-42
«Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre» (Gv 10, 37-38)
La credibilità di chiunque si fonda su ciò che fa e non su ciò che dice. Per essere testimoni di Gesù perciò è necessario compiere le opere che Lui ci chiede. Sappiamo benissimo però che per ognuno di noi è impossibile essere coerenti sempre fino in fondo. Perciò che fare? Accettare la propria fragilità, non nasconderla, ma lasciar vedere anche tutta la tensione verso la sequela. Così appariremo più umani e più credibili.

Mercoledì 18: At 23,12-25a.31-35; Sal 123 (124); Gv 12,20-28
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12, 24)
Se ripensiamo ai momenti più difficili della nostra vita, quelli che, se fosse dipeso da noi, avremmo sicuramente evitato, scopriamo che sono stati essenziali. Spesso da essi qualcosa o tutto è cambiato. Certo dentro di noi qualcosa si è lacerato, ma i risultati sono stati sorprendenti. Se ci si lascia condurre docilmente anche nel dolore non si rimane mai soli, basta non pretendere nulla, fidarsi ed aspettare, sapendo che i tempi di
Dio non sono i nostri, ma producono sempre frutto.

Giovedì 19: At 24,27 – 25,12; Sal 113B (115); Gv 12,37-43
«Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio» (Gv 12, 42-43)
Credere è un dono, dichiarare la propria fede è qualcosa in più. Spesso si cerca di dividere le due cose relegando la prima ad un fatto privato. Perché se dico di credere devo essere anche coerente ed essere pronto a subirne le conseguenze. Eppure, se credere è amare, è impossibile tenerlo nascosto, tutti comunque se ne accorgono.

Venerdì 20: At 25,13-14a.23; 26,1.9-18.22-32; Sal 102 (103),Gv 12,44-50
«Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (Gv 12, 46)
Stare con Gesù è stare e agire alla luce del sole. Chi opera alla Luce, senza nascondersi, opera il bene. Chi si nasconde nelle tenebre opera il male. Occorre chiedersi spesso se tutto il nostro agire è limpido e possa essere visto da tutti.
L’importante è non nascondersi, non voler dare un’idea di se stessi diversa da come siamo, perché Gesù oltre ad essere la Luce è anche la Verità.

Sabato 21: At 27,1-11.14-15.21-26.35-39.41-44; Sal 46 (47);1Cor 13,1-13; Gv 13,12a.16-20
«Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica» (Gv 13, 17)
Il rischio di una fede intellettuale, fatta solo di idee e di affermazioni, di teologia e di profonde considerazioni spirituali è sempre in agguato. È facile infatti illudersi di aver raggiunto il traguardo perché si sono “imparate” le cose di Dio e le si sa dire con esattezza e magari anche con passione.
La beatitudine del Vangelo però abita altrove.
Solo il Vangelo vissuto rende comprensibili le parole della fede, ne rivela la verità, immette nella vita trinitaria, regala la gioia di Dio.

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