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Commento alla Parola: 17.01.2022 – 22.01.2022

Lunedì 17: Sir 44,1.23g – 45,1.6-13; Sal 98 (99); Mc 3,7-12
«Aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo» (Mc 3, 10)
Nei confronti di Gesù i poveri e i malati non hanno troppi riguardi. È troppo forte l’urgenza del loro bisogno, cercano quindi di raggiungerlo a tutti i costi, come la grande occasione di salvezza. E a loro non basta ascoltarlo, fare quello che dice: occorre proprio riuscire a toccare Gesù, entrare in comunicazione fisica, diretta e personale con lui. Non si fanno problemi di mancare di rispetto o di sentirsi indegni e peccatori: si gettano su di lui e basta. Il passo parallelo di Luca esplicita meglio il perché: “Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti”. Toccare Gesù è certezza di guarire. Anche oggi.

Martedì 18: 1Pt 1,1-7 o 1Pt 5,1-4; Sal 17 (18); Gal 1,15-19; 2,1-2; Mt 16,13-19
«Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Mt 2, 11)
Il lungo itinerario dei Magi, fatto di luci che si accendono, si spengono e si riaccendono simboleggia bene le varie tappe dell’esperienza del discepolo. Se un giorno ci mettiamo in cammino è perché abbiamo visto una stella, qualcosa ci ha attratto, interrogato, affascinato, ha polarizzato le nostre migliori energie, ci ha lanciato in avanti con coraggio. Se gli ostacoli o il peso del mondo ci hanno spento, la fedeltà nel percorrere le strade di Dio riaccende prima o poi la luce. L’esito finale è l’Incontro. E per questo non bastano parole, ma solo la certezza di aver davvero trovato quello che si cercava e la totale offerta di sé.

Mercoledì 19: Sir 44,1; 46,6e-10; Sal 105 (106); Mc 3,31-35
«Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?» (Mc 3, 33)
Una frase che suona incomprensibile nella cultura giudaica del tempo, come del resto lo è ancor oggi in tante regioni della terra dove il clan, la tribù di appartenenza dice l’identità di una persona. Non riconoscere la famiglia naturale significa essere estromesso, scomunicato: è un principio indiscutibile, che precede e dà forma agli affetti più profondi. Ma Gesù scardina questa mentalità. Non sono anzitutto la carne e il sangue o la genealogia a dire chi Lui è, a pronunciare il Suo nome. Lui è venuto a dilatare la famiglia umana fino a darle una dimensione planetaria. È Gesù il principio, l’inizio della fraternità universale.

Giovedì 20: Sir 44,1; 46,13a.19 – 47,1; Sal 4; Mc 4,1-20
«Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò» (Mc 4, 5-6)
Tra i vari modi di ascoltare la Parola che Gesù descrive nella parabola c’è quello dell’ascolto emozionale. La Parola mi raggiunge, mi sento interpretato, capito, stimato e quindi incoraggiato a gettarmi nella vita con uno slancio nuovo. E i frutti si vedono subito, perché la persona è visibilmente cambiata, non parla più come prima, coltiva nuovi interessi, ha una luce, un fuoco che in lui non avevamo mai visto. Ma non basta. Alla lunga contano le radici. Se ci si basa solo sulle emozioni nessuna realtà ha un futuro. Prima o poi il primo entusiasmo decade, è solo questione di tempo. E ci si accorge che i principi, i valori, la struttura interiore di una persona sono decisivi per costruire un nuovo futuro.

Venerdì 21: Sir 44,1; 47,2.8-11; Sal 17 (18); Mc 4,10b.21-23
«Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce» (Mc 4, 22)
Gesù rivela. E quindi non nasconde nulla. Con la venuta di Gesù, Dio ormai non ha più segreti, anche se questo non significa affatto che abbiamo capito tutto. Ma le sue intenzioni sono dichiarate e non cambieranno, il Suo volto è quello dell’Amore e possiamo stare sicuri che sarà sempre così. Nei Vangeli non ci sono sottintesi dalle mille interpretazioni possibili, ambiguità, affermazioni fumose: c’è trasparenza, luminosità, certezze. Credo che questo atteggiamento risultasse anche allora molto attraente, perché portava a galla quella verità che è presente in ogni cuore e che spesso ha bisogno di essere proclamata apertamente.

Sabato 22: Es 7,1-6; Sal 94 (95); Rm 15,14-21; Mc 12,1-12
«Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano» (Mc 12, 1)
Il rapporto tra il padrone della vigna e i contadini affidatari su cui si basa questa parabola è improntato sulla fiducia reciproca. Il primo confida nell’esperienza e nell’onestà dei contadini, che a loro volta sanno di non rimanere ingannati dal padrone. Per questo nel corso della parabola si rimane interdetti di fronte alla gravissima e ripetuta violazione di questa fiducia. Ma ciò che sorprende è che il padrone non smette di offrire nuove opportunità di riscatto, confermando ogni volta una fiducia che sembra a tutti mal riposta. Ecco, Dio fa così con noi. Scommette mille volte su di noi, inventa nuove occasioni, ribadisce ogni volta la sua fiducia. Come un vero, grande padre

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