Lunedì 6: 1Gv 1,1-4; Sal 144 (145); Lc 15,8-10
«Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la
lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova?» (Lc 15, 8)
Potrebbe apparire una ricerca eccessiva, un po’ maniacale, ma per questa
donna quella moneta è comunque un decimo del suo intero patrimonio. Il fatto
è che noi non immaginiamo quanto stiamo a cuore a Dio, quale sia la sua
passione perché la vita di ciascuno non vada mai perduta, ma possa ritrovare la
luce, anche dopo aver passato tempi lunghi nelle tenebre. La ricerca accurata di
questa donna ci provoca a industriarci in tutti i modi per riscattare le vite più
deboli e offrire la festa e la gioia anche a chi ormai ha perso ogni speranza.
Martedì 7: 1Gv 1,5 – 2,2; Sal 102 (103); Lc 16,1-8
«L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò”» (Lc 16, 3-4)
Questo amministratore si trova in una condizione disperata, sta per perdere tutto: il lavoro, il patrimonio accumulato in modo disonesto e tutto ciò che possiede. C’è un’unica cosa che sa fare: rubare. E quindi lo fa anche in questo frangente. Ma in questo caso, forse per la prima volta, fa guadagnare gli altri, quei debitori del suo padrone che magari in passato aveva truffato per arricchirsi. Si crea così degli amici che in futuro potranno dargli una mano. Ha capito che da soli si affonda, mentre insieme si può trovare una salvezza. Forse comincia a capire che c’è un bene più grande dei soldi accumulati: le relazioni, le amicizie, qualcuno che anche nella crisi ti tiene per mano.
Mercoledì 8: Ct 6, 9d-10; Sir 24,18-20, Sal 86 (87); Rm 8,3-11; Mt 1,1-16
«…Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù,
chiamato Cristo» (Mt 1, 16)
Il Vangelo di Matteo si apre con una genealogia che attraversa tutta la storia
della salvezza. Vicende intricate, drammatiche e felici, storie di re gloriosi e di
persone umiliate, di trionfi e di oscurità. È la storia dell’uomo che abita su
questa terra, questo impasto di oro e di fango che è la natura umana. Gesù
abbraccia tutto questo, non seleziona, non scarta, non condanna. Mostra così di
essere venuto a guarire, a riscattare, ad offrire un futuro insperato e immeritato
a tutti: ai santi come sua madre e anche alle persone giudicate più spregevoli.
Gli interessano proprio tutti. Anche quando sceglierà i suoi apostoli non
prenderà fior da fiore, tirerà dentro anche Giuda. Dio è così. Non lo possiamo
cambiare. Per fortuna.
Giovedì 9: 1Gv 2,12-17; Sal 35 (36); Lc 16,16-18
«La Legge e i Profeti fino a Giovanni: da allora in poi viene annunciato il regno di
Dio e ognuno si sforza di entrarvi» (Lc 16, 16)
“Dopo Giovanni inizia la nuova epoca, quella del Vangelo: il Regno nel quale
nessuno entra per i propri meriti, è donato agli impediti e agli esclusi. Non è
stipendio della nostra giustizia, ma premio alla nostra conversione. Si richiede
solo l’umiltà di accettarlo. Per questo occorre riconoscere la propria miseria e
gridare alla sua misericordia. Al tempo della Legge, durato fino a Giovanni, è
successo quello della grazia. Prima c’era lo sforzo per conseguire la giustizia
impossibile. Ora c’è la gioia di aprire la mano al dono. Questa è la nuova e
definitiva conversione che Gesù annuncia” (Silvano Fausti).
Venerdì 10: 1Gv 2,18-29; Sal 143 (144); Lc 16,19-31
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe» (Lc 16, 19-20)
Sembra impossibile che quest’uomo ricco passi la vita senza accorgersi della sofferenza e dell’ingiustizia che ha sotto gli occhi, senza far nulla per riequilibrare un po’ le cose, senza sperimentare la gioia di far sorridere chi è derelitto. Eppure per esperienza ci accorgiamo che ci si può abituare a tutto, senza lasciarsi scalfire dal dolore dei fratelli, immersi unicamente nel proprio mondo. C’è bisogno di un sobbalzo, di stropicciarsi gli occhi e di ritornare a vedere, di far nostro il dolore del mondo. Le discussioni accanite sulle responsabilità politiche rischiano solo di paralizzarci. Occorre invece rimboccarci le maniche, guardare quale sia il primo passo possibile, alla nostra portata e non differirlo.
Sabato 11: Dt 11,7-15; Sal 94 (95); Fil 2,12-18; Mt 19,27-28
«E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio
dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo,
siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele»
(Mt 19, 28)
La promessa di Gesù mette in evidenza la straordinaria importanza della vita
secondo il Vangelo. È questa che giudicherà il mondo, il criterio di paragone che
valuterà ciò che resta in eterno e ciò che sarà dimenticato per sempre. Tutti
coloro che avranno vissuto alla scuola di Gesù vedranno fino a che punto
l’amore che hanno scelto non sia una decisione come un’altra, ma sia l’unica
vita che non passa. Si vedrà in modo lampante e universale come l’amore ha
sostenuto e reso possibile la storia dell’uomo di ogni tempo, di ogni cultura.
Tutto il resto non si vedrà, sarà scomparso, introvabile.