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Commento alla Parola: 14.11.2022 – 19.11.2022

Lunedì 14: Ger 1,4-10; Sal 73 (74); Ab 1,1; 2,1-4; Mt 4,18-25
«La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano» (Mt 4, 24-25)
Gli esordi del ministero di Gesù sono segnati da grandi masse di persone, attratte dalla sua capacità taumaturgica, che lo cercano e una volta guarite lo ascoltano e rimangono in contatto con lui. C’è anche una guarigione del cuore e non solo fisica che attrae e coinvolge. Sappiamo però che con il passare del tempo tutto questo si andrà riducendo, molti se ne andranno, i discepoli rimarranno un piccolo gregge. Eppure anziché spegnersi il Cristianesimo lungo i secoli non ha mai smesso di risorgere, diffondendosi e moltiplicandosi proprio quando tutto sembrava irrimediabilmente perduto.

Martedì 15: Ger 1,11-19; Sal 101 (102); Am 1,1-2; 3,1-2; Mt 7,21-29
«In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”» (Mt 7, 22-23)
Rimaniamo un po’ sorpresi e interdetti quando sentiamo che non solo i santi, ma anche le persone inique possano compiere miracoli. Questo dimostra che è sempre e solo Dio e non noi ad agire ed è Lui che sceglie gli strumenti di cui servirsi, secondo i Suoi progetti di bene. E d’altra parte occorre non dimenticare che anche i successi nell’evangelizzazione non sono una garanzia di santità, non ci mettono automaticamente al sicuro: la Parola non va solo annunciata, va anche “fatta”, occorre “viverla”, altrimenti ci illudiamo, gonfiando soltanto il nostro orgoglio.

Mercoledì 16: Ger 2,1-9; Sal 13 (14); Am 5,10-15; Mt 9,9-13
«Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9, 13)
L’ascesi cristiana ha sempre insistito sul sacrificio come segno di un’autentica fedeltà al Vangelo. Ma la rinuncia in quanto tale non è mai predicata da Gesù. Il sacrificio trova il suo senso solo nell’amore che contiene, la rinuncia ha valore solo perché è mossa dal desiderio di rendere felice il fratello. Al tempo di Gesù si sacrificavano a Dio animali a non finire e Gesù continuava ad insistere, come i profeti che lo hanno preceduto, che Dio vuole ben altro da noi: la misericordia, il superamento dei giudizi che squalificano, una benevolenza universale, un desiderio di fraternità grande come il Suo.

Giovedì 17: Ger 2,1-2a.12-22; Sal 73 (74); Am 8,9-12; Mt 9,16-17
«Né si versa vino nuovo in otri vecchi». (Mt 9,17)
La buona notizia che Gesù è venuto a portare all’umanità è la rivelazione del volto paterno di Dio e della sua volontà salvifica per ciascuno. Il dono immenso della vita Trinitaria chiede di essere condiviso in una comunione di amore accolto e riconsegnato reciprocamente in una esperienza di fede. La vecchia mentalità che guardava a Dio come colui che non si può vedere “faccia a faccia”, a cui rendere culto per ottenere favori o protezione per sé o la propria famiglia, Gesù la dichiara terminata. La Legge che Dio ha stipulato con il suo popolo deve essere vissuta nello stile delle beatitudini evangeliche, cioè del Figlio Gesù, dove già partendo dall’intenzione del cuore, si può amare o non amare veramente Dio e il prossimo. Sono due modi differenti di comprendere il volto di Dio: o compiendo atti religiosi per sentirsi “a posto” davanti a lui, o guardarlo e conoscerlo come Padre che si dona gratuitamente ai suoi figli.

Venerdì 18: Ger 2,1-2a.23-29; Sal 50 (51); Am 9,11-15; Mt 9,35-38
«Il Signore Gesù percorreva tutte le città e i villaggi». (Mt 9,35)
Il Signore viene, cammina in mezzo a noi, compie la missione annunciando il regno di Dio presente nella sua persona e guarisce i malati. È il Buon Pastore che agisce con misericordia e rende presente Jahvé in mezzo al suo popolo, attuando la profezia di Ezechiele (34,11): «Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura». Ricordando san Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte n. 50, senza l’opzione fondamentale per i più poveri «l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima forma di carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l’odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone». Sì, perché «la peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale» (Francesco, Evangelii Gaudium, n. 200). Questa è l’ora opportuna e favorevole (Kairòs) per accogliere la salvezza del Signore che mi viene incontro, dando senso qui e adesso al tempo (Kronos) che sto vivendo.

Sabato 19: Ger 2,1-2a.30-32; Sal 129 (130); Ebr 1,13-2,4; Mt 10,1-6
«Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro…» (Mt 10,5)
Gesù associa alla sua missione i dodici discepoli, vengono “inviati” e dunque chiamati apostoli. L’incarico missionario ha un annuncio fondamentale: la salvezza è qui, è presente, perché gli occhi e i cuori si aprano alla luce della fede ricordando quanto i profeti della prima alleanza avevano preannunciato riguardo al Messia. Per questo motivo Gesù indica agli apostoli di rivolgere l’annuncio unicamente a Israele; in quanto popolo eletto di Dio gode di una precedenza, di un primato nell’essere interlocutore nella fase della storia della salvezza che sta iniziando ad opera di Cristo con la nuova alleanza. I Dodici (= la Chiesa) ricevono il mandato direttamente dall’autorità di Gesù, iniziano a mettersi in cammino per rivolgersi a Israele ed anche, in seguito, a tutti i popoli della terra. Il tempo escatologico è iniziato, la conversione è offerta a tutti, la Parola di Cristo oggi ci raggiunge attraverso la voce della Chiesa.

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