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Commento alla Parola: 19.9.2022 – 24.9.2022

Lunedì 19: 1Pt 5,1-14; Sal 32 (33); Lc 17,26-33
«Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva» (Lc 17, 32-33)
Quale fu la colpa della moglie di Lot, in cosa non dobbiamo imitarla? Il suo gesto di voltarsi mentre stava scappando dal fuoco che inceneriva Sodoma indica l’esitazione, richiama quel “metter mano all’aratro e voltarsi indietro” dal quale Gesù ci mette in guardia, quel tergiversare dubbioso che ti paralizza proprio nel momento in cui è chiarissimo quale sia il passo giusto da fare. È un cercare altre vie, altre soluzioni possibili quando non ce ne sono. È quel cercare di cavarsela da soli, anziché ascoltare e fidarsi. Solo chi sa perdere la propria idea sulla sua vita gusterà la vita in pienezza.

Martedì 20: Gc 1,1-8; Sal 24 (25); Lc 18,1-8
«E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18, 7-8)
A volte abbiamo l’impressione di aspettare troppo a lungo. Ci sono ingiustizie, violenze, orrori che andrebbero interrotti all’istante e che invece si protraggono, pur in mezzo al grido e alle preghiere di vittime innocenti che soffrono e non sembrano ascoltate. C’è un’attesa di salvezza, di cambiamento di cui la preghiera è segno luminoso e ininterrotto: la preghiera continua nel cuore dell’umanità infatti è il segno che fede e speranza non sono ancora venute meno, ma resistono di fronte all’imperversare del male. E quella “pronta giustizia” che Gesù promette inizia con il sostegno, la forza, la perseveranza che Lui dona a chi continua a guardare avanti, sapendo con certezza di non rimanere deluso.

Mercoledì 21: At 1,12-14; Sal 18 (19); Ef 1,3-14; Mt 9,9-17
«I farisei dicevano ai suoi discepoli: “Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”. Udito questo, disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”» (Mt 9, 11-12)
Gesù non replica ai farisei dicendo che dopo la conversione di Matteo tutti quei pubblicani e peccatori suoi amici si sono convertiti. Ci viene infatti detto dal Vangelo che quelle persone stanno soltanto mangiando insieme con i discepoli. Disorienta invece i farisei affermando che per un rabbì sono proprio quelle le frequentazioni giuste. Noi non riceviamo il dono di Dio solo per cullarcelo e raccontarcelo tra noi. Siamo trasformati per trasformare altri, siamo guariti per guarire altri. Un medico sarebbe frustrato se dovesse incontrare solo persone sane alle quali confermare il loro ottimo stato di salute: ha studiato duramente proprio per ridonare la salute a chi l’ha persa.

Giovedì 22: Gc 1, 19-27; Sal 36 (37); Lc 18, 18-23
Lo sapete, fratelli miei carissimi: ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all’ira. (Gc 1,19)
Ascolto pronto e parola lenta. Due differenti velocità che consentono il vero equilibrio: un ascolto generoso, che rende capaci di lasciare che la realtà entri in profondità, genera una parola saggia, veramente capace di rispondere alla realtà che, a partire dalla Parola del Signore che interpreta e dà valore a ogni momento quotidiano, interpella per una vita piena.

Venerdì 23: Gc 2, 1-9; Sal 81 (82); Lc 18, 24-27
Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. (Gc 2,1)
Generalmente si è abituati a fare distinzione, a preferire la compagnia di alcuni piuttosto che di altri. Si tratta di una tendenza del tutto normale, nella misura in cui non è motivata da un interesse personale. La fede in Gesù, tuttavia, consente di andare oltre, permette di entrare in dialogo con ogni altra persona semplicemente riconoscendola sorella e fratello. Per questo motivo è tanto più necessario che i cristiani per primi eliminino ogni preferenza compiuta all’interno della comunità, semplicemente perché significherebbe ridurre la Chiesa a una testimonianza contraria alla sua natura.

Sabato 24: Dt 14, 22-29; Sal 96 (97); 1Cor 9, 13-18; Lc 12, 32-34
Il levita che abita le tue città, non lo abbandonerai, perché non ha parte né eredità con te. Alla fine di ogni triennio metterai da parte tutte le decime del tuo provento in quell’anno e le deporrai entro le tue porte. (Dt 14,17-18)
Chi confida nel Signore è capace di donare con generosità: infatti, è consapevole che quanto possiede è, prima ancora che merito del proprio lavoro, dono ricevuto gratuitamente. Pertanto, donare parte di quanto raccolto diviene un dovere di condivisione, un segno della fiducia che il Signore provvede con abbondanza, offrendo la possibilità non solo di godere dei beni, ma anche della bellezza della condivisione.

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