Nessun commento

Commento alla Parola: 22.8.2022 – 27.8.2022

Lunedì 22: 2Cr 17,1-6; 19,4-11; Sal 5; Lc 12,1-3
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia» (Lc 12, 1)
L’ipocrisia è la maschera che indossiamo per presentarci di fronte al prossimo. Abbiamo talmente bisogno di conferme, di alimentare la nostra autostima, da essere spinti a mostrare quello che in realtà non siamo. Vorremmo sempre nascondere il nostro limite, le nostre mediocrità, perché temiamo di non essere accettati. Se però si crea un clima di accoglienza autentica, in cui ci si sente amati a prescindere, in cui non senti più il peso schiacciante del giudizio, le ipocrisie diminuiscono, perché ti senti amato così come sei. La rivoluzione evangelica spinge fino a lì la vita, per realizzare una comunità in cui danza l’amore reciproco. E diventa libertà, serenità, frammento di Paradiso.

Martedì 23: 2Cr 28,16-18a.19-25; Sal 78 (79); Lc 12,4-7
«Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!» (Lc 12, 6-7)
Passeri e capelli, realtà così trascurabili ai tempi di Gesù, diventano un segno della cura di Dio per ciascuno dei suoi figli. Tanto spesso infatti, i piccoli dettagli sorprendenti della vita ci invitano a notare che dentro lo scorrere degli eventi quotidiani brilla l’amore di Dio per noi. Ogni volta che ce ne accorgiamo sentiamo la gioia di non essere soli, di essere guardati, di essere accompagnati e facilitati nei nostri compiti e anche nelle nostre fatiche. E questo ci è necessario, perché non basta credere in Lui: occorre anche riconoscerLo presente e vivo accanto a noi, altrimenti la fede diventa una teoria e Dio si allontana poco a poco dal nostro sguardo e dai nostri pensieri.

Mercoledì 24: Ap 21,9b-14; Sal 144 (145); Ef 1,3-14; Gv 1,45-51
«Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità”» (Gv 1, 47)
Credo sia l’unico caso riportato dai Vangeli in cui Gesù al primo incontro apra il dialogo con un complimento. Le sue parole sciolgono subito i pregiudizi e le diffidenze di cui il buon Natanaele era ancora prigioniero. Del resto sappiamo bene che solo l’amore, gratuito e inaspettato, è capace di liberarci dalle nostre difese. Quindi non si tratta di una captatio benevolentiae da parte di Gesù, ma della sua capacità di cogliere il positivo delle persone, di saperle apprezzare e valorizzare, di trovare le parole giuste e vere per incoraggiarle. Il gesto di Gesù in sostanza conferma in un modo comprensibile a tutti che Dio ama davvero per primo.

Giovedì 25: 2Cr 30,1-5.10-13.15-23.26-27; Sal 20 (21); Lc 12,13-21
In quei giorni. Ezechia mandò messaggeri per tutto Israele e Giuda e scrisse anche lettere a Èfraim e a Manasse per convocare tutti nel tempio del Signore a Gerusalemme, a celebrare la Pasqua per il Signore, Dio d’Israele. Il re, i capi e tutta l’assemblea di Gerusalemme decisero di celebrare la Pasqua nel secondo mese. Infatti non avevano potuto celebrarla nel tempo fissato, perché i sacerdoti non si erano santificati in numero sufficiente e il popolo non si era radunato a Gerusalemme. (2Cr 30,1-3)
La ricostruzione del regno che avviene grazie a Ezechia ha un momento fondamentale nella nuova celebrazione della Pasqua. Il popolo è veramente sé stesso nella misura in cui segue la legge che chiede di fare memoria dell’evento della liberazione. La possibilità di celebrare quell’evento non lega semplicemente al passato, ma consente di riconoscere l’origine della propria esistenza, per spingere a costruire un futuro adeguato alla promessa che è lì racchiusa. Ogni cristiano vive nel tempo secondo la stessa dinamica: tornare a celebrare l’evento della salvezza, facendo memoria della croce di Gesù, è sorgente di vita perché porta alla responsabilità di vivere ogni giorno a partire dalla sua presenza. Proprio la possibilità di celebrare è un dono, non scontato, da custodire e rendere sempre più autentico momento di vita.

Venerdì 26: 2Cr 36,5-12.17; Sal 78 (79); Lc 12,22-26
Quando divenne re, Ioiakìm aveva venticinque anni; regnò undici anni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, suo Dio. Contro di lui salì Nabucodònosor, re di Babilonia, che lo legò con catene di bronzo per deportarlo a Babilonia. Nabucodònosor portò a Babilonia parte degli oggetti del tempio del Signore, che depose a Babilonia nella sua reggia. (2Cr 36,5-7)
Ioiakìm rende sempre più aspra la ribellione nei confronti del Signore, egli non è in grado di regnare e di conservare il regno fedele all’alleanza, tanto che neppure il segno della terra è più in vigore: quella terra, che attestava la promessa del Signore per una vita libera e piena, ora deve essere abbandonata, essendo fatto prigioniero del re di Babilonia. Il momento dell’esilio interrogherà il popolo di Israele, che è messo alla prova per verificare se il Signore è ancora suo alleato. Questo sarà il momento in cui bisognerà, con più fatica e attenzione, prestare ascolto alla parola dei profeti, che chiama alla conversione. Un invito, per tutti, a saper vivere con sapienza i momenti di difficoltà, quale occasione per decifrare quale passo di conversione stia proponendo il Signore, che sempre desidera avvicinarsi al suo popolo.

Sabato 27: Dt 4,23-31; Sal 94 (95); Rm 8,25-30; Lc 13,31-34
Il Signore vi disperderà fra i popoli e non resterete che un piccolo numero fra le nazioni dove il Signore vi condurrà. Là servirete a dèi fatti da mano d’uomo, di legno e di pietra, i quali non vedono, non mangiano, non odorano. Ma di là cercherai il Signore, tuo Dio, e lo troverai, se lo cercherai con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Descrivendo gli idoli, Mosè dà un’idea ben precisa di Dio e delle caratteristiche che lo differenziano dai primi: egli solo vive, in quanto ha da sé la vita e la dona agli esseri umani. Gli esseri umani possono costruire idoli, ma questi non vivono, quindi nemmeno possono dare vita. Paradossalmente, gli idoli sono assai distanti dagli esseri umani, perchè non sono viventi, caratteristica che invece avvicina questi ultimi a Dio. Purtroppo, però, è tipico degli esseri umani affidarsi agli idoli, poiché sono più controllabili e rassicuranti di un Dio vivente che si pone in relazione e chiede una risposta totale. Per chi vuole vivere pienamente, tuttavia, l’unica risorsa per restare in vita è la ricerca del Signore, poiché essa mette in gioco il cuore e l’anima, cioè le dimensioni più alte dell’esistenza; una ricerca che, nel momento stesso in cui inizia, ancor prima di essere giunti alla meta, restituisce alla misura propria di ogni essere umano, tanto abbondante da renderlo vicino a Dio.

I commenti sono chiusi.