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Commento alla Parola: 30.5.2022 – 4.6.2022

Lunedì 30: Ct 5,2a.5-6b; Sal 41 (42); 1Cor 10,23.27-33; Mt 9,14-15
«Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno» (Mt 9, 15)
La festa di nozze è per antonomasia la manifestazione della bellezza e della gioia dell’amore. È il tempo in cui sembra proprio che l’amore vinca ogni ostacolo, che sia a portata di mano, che superi ogni ostacolo. La presenza degli sposi è in questo senso rassicurante e coinvolge anche gli invitati nella loro esperienza di amore. Non c’è spazio per la tristezza, sembra che tutto sia facile, che le difficoltà siano vinte, almeno per quel giorno. Gesù è lo sposo che regala una gioia senza tramonto. Se Lui è presente non c’è spazio per altro. Lutto e digiuni appartengono ad un altro mondo.

Martedì 31: Ct 2,8-14; Sal 44 (45); Rm 8,3-13; Lc 1,39-56
«Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1, 42)
Il saluto di Elisabetta a Maria è travolgente. Una gioia incontenibile, di sorpresa, di stupore e anche di sbalordimento per questa presenza di Dio che Maria porta con sé e che entra nella casa di questi anziani coniugi. Se altrove nella Bibbia l’arrivo di Dio è accolto con timore e tremore, nell’incontro tra queste due donne gravide c’è posto solo per la gioia. Certo, suscita una certa santa invidia questa comunicazione così diretta e felice, la sogneremmo tanto volentieri quando ci ritroviamo, sia nelle famiglie che nelle comunità, insidiati come siamo dalla pesantezza del vivere e dalla ripetitività che appanna tutto. Elisabetta invece comincia con il benedire.

Mercoledì 1: Ct 1,5-6b.7-8b; Sal 22 (23); Ef 2,1-10; Gv 15,12-17
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15, 12)
La novità di questo comandamento è anzitutto nella reciprocità. Esige che l’amore ritorni. Sappiamo che non sempre è così, che a volte si ama a fondo perduto. E resta vero che nell’amore ciò che vale è amare. Però Gesù richiede tra i suoi discepoli una corrente viva d’amore che li unisca, un mettersi in relazione in cui si dona e si riceve. Gesù chiama “suo” questo comandamento, perché nella Trinità si vive così ed è venuto sulla terra proprio perché il mondo rispecchi la realtà del Cielo: “come in cielo, così in terra”.

Giovedì 2: Ct 6,1-2; 8,13; Sal 44 (45); Rm 5,1-5; Gv 15,18-21
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me» (Gv 15,8)
Non è molto frequente dalle nostre parti venire odiati per il fatto che si è cristiani, ma in altri paesi del mondo molti nostri fratelli sono uccisi per Gesù. In ogni caso non saremo mai i primi, Gesù ci precede anche in questo. E ci mostra che in noi continua a vivere Lui, che l’avventura della Sua Parola prosegue inarrestabile da oltre duemila anni, con i suoi dolori e i suoi frutti, che l’amore è osteggiato, ma non smette di germogliare e di fiorire. Noi non cerchiamo il martirio, ma la somiglianza con Gesù e ogni volta che ci accorgiamo di percorrere il suo stesso cammino la gioia è autentica.

Venerdì 3: Ct 7,13a-d.14; 8,10c-d; Sal 44 (45); Rm 8, 24-27; Gv 16,5-11
«Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi» (Gv 16, 7)
Devono essere rimasti molto stupiti i discepoli all’annuncio di questo dono misterioso del Paraclito, che sarebbe stato ancor più prezioso della presenza fisica di Gesù. Ma si sa, i doni di Dio non riesci a prevederli, ne puoi parlare solo quando li sperimenti. Ed in effetti il Paraclito ha guidato la fede, la speranza e l’amore di miliardi di cristiani in questi duemila anni, ha inventato e generato innumerevoli storie di santità, carismi sempre nuovi e adatti ad ogni tempo, ha illuminato le parole di Gesù facendocele scoprire attuali, piene di fuoco, ha immesso potenti energie spirituali dentro la storia umana, indirizzandola incessantemente verso la pienezza del Regno di Dio sulla terra.

Sabato 4: 1Cor 2,9-15a; Sal 103 (104); Gv 16,5-14
«E quando sarà venuto, il Paràclito dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me» (Gv 16, 8-9)
Lo Spirito santo mostra al mondo qual è l’esito del rifiuto di Gesù. Quando ci si ostina a costruire una vita senza di Lui, ritenendo inutile o sbagliata la sua Parola, pensando di potercela sempre cavare da soli o con i nostri mezzi, idolatrando il potere, l’avere o la scienza, l’umanità si disumanizza. Tutto diventa precario, ci si accontenta di inseguire solo gioie che si rivelano effimere. E soprattutto ci si trova più soli, più disorientati, più disperati. Non credere in Gesù, nella potenza della sua Pasqua, nelle Sue promesse che non deludono è il peccato. Ed è proprio un vero peccato vivere così.

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