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Commento alla Parola: 23.5.2022 – 28.5.2022

Lunedì 23: At 28,1-10; Sal 67 (68); Gv 13,31-36
«Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35)
Quanto siamo lontani dall’insegnamento di Gesù! E quanto scandalo diamo a chi non crede! Il Signore ci dà persino la misura dell’Amore: “come” Lui ci ha amato, cioè donando la vita. E la vita non si dona solo morendo per qualcuno, ma anche vivendo dimenticandosi, preoccupati solo del bene di chi ci sta vicino. Questo deve essere l’obiettivo al quale tendere: sappiamo che spesso non ce la faremo, ma almeno ci è chiesto di provarci.

Martedì 24: At 28,11-16; Sal 148; Gv 14,1-6
«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14, 1)
Nell’ora della grande tentazione, quella decisiva, quella per la quale Gesù ci ha raccomandato di pregare insegnandoci le parole del “Padre nostro”, risulta decisiva la fede. Non tanto la professione verbale, quanto la certezza che l’amore di Dio non è un’illusione, ma è la roccia alla quale possiamo sempre aggrapparci, sapendo di non rimanere mai delusi. Nella vita prima o poi tutto crolla, ma la cura di Dio per ogni suo figlio non viene mai meno. Anche quando si tratterà di passare da questo mondo al Padre, Lui non smetterà di tenerci per mano per introdurci nel Suo Paradiso.

Mercoledì 25: At 28,17-31; Sal 67 (68); Gv 14,7-14
«Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”?”»
(Gv 14, 8-9)
Il dolce rimprovero che Gesù rivolge a Filippo facilmente l’avrei ricevuto anch’io. Perché per noi oggi il fatto che Gesù sia la piena rivelazione del volto del Padre è un’acquisizione che la teologia ci trasmette con ampie e convincenti argomentazioni. Ma per un discepolo che viveva con Gesù era un nuovo modo di leggere le cose, richiedeva proprio un dono speciale dall’Alto. Occorreva passare dal vivere tutti i giorni un’atmosfera straordinaria alla consapevolezza che quell’esperienza era Dio stesso tra loro, che stavano vedendo Dio faccia a faccia. Ed è tutta un’altra cosa.

Giovedì 26: At 1,6-13a; Sal 46 (47); Ef 4,7-13; Lc 24,36b-53
«Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» (Lc 24, 50-53)
Queste parole concludono il Vangelo di Luca e ci regalano un’icona conclusiva di trasfigurazione. I discepoli infatti, lungi dall’essere tristi per la dipartita del Risorto, sono colmi di gioia, sono avvolti da una Presenza che li trasforma, come se vivessero ormai definitivamente nel nuovo mondo in cui Gesù li ha portati. Il loro rimanere nel tempio esprime il desiderio di non uscire più da quell’incanto, pur dovendo rimanere dentro le vicende terrene che presto si faranno per loro molto tempestose. Quella presenza del Risorto che li ha colmati di stupore e di gioia non è svanita: Lui è davvero con loro fino alla fine del mondo.

Venerdì 27: Ct 2,17 – 3,1b.2; Sal 12 (13); 2Cor 4,18 – 5,9; Gv 14,27-31a
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14,7)
La pace di Gesù non è una semplice tranquillità. È una pienezza che abita il credente e lo accompagna sempre. È anche superamento dei conflitti, soluzione delle dispute, ma è soprattutto il gusto delle relazioni fraterne autentiche che fanno balenare agli occhi il sogno della fraternità universale. È anche pace interiore, in cui non si è travolti da entusiasmi strabilianti, ma non si cade neppure in pessimismi amari o disperati. È un equilibrio dinamico che ringrazia del presente e si proietta in ciò che Dio indica attimo per attimo. È la vita stessa di Gesù.

Sabato 28: Ct 5,9-14.15c-d.16c-d; Sal 18 (19); 1Cor 15,53-58; Gv 15,1-8
«Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me» (Gv 15, 4) Rimanere in Gesù significa non scappare. Né con fughe avventurose, spinti dalla smania di quell’attivismo nel quale in fondo cerchiamo noi stessi e la nostra autoaffermazione; né con rimpianti nostalgici all’indietro, sognando un mondo ormai tramontato che in realtà non è mai esistito, perché si chiudono gli occhi sui tratti pesantemente negativi che conteneva. È invece abitare quella volontà di Dio che nell’attimo presente ci viene consegnata, per viverla fino in fondo con tutto l‘amore, la passione e la creatività di cui siamo capaci. È amare il tempo che ci è dato preferendolo ad
ogni altro, perché è Dio a donarlo proprio a noi oggi.
ttenere, di essere pronti a perdere tutto, senza attaccarsi a nulla, perché solo se siamo poveri Dio ci può riempire.

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