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Commento alla Parola: 07.03.2022 – 13.03.2022

Lunedì 7: Gen 2,18-25; Sal 1; Pr 1,1a.20-33; Mt 5,1-12°
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5, 3)
Le beatitudini che il vangelo di Matteo ci riporta non guardano le etichette, le appartenenze, gli schieramenti: i beati ai quali si rivolge Gesù li trovi dappertutto. Sono trasversali: credenti e non, persone di diversa etnia, età, latitudine, cultura. Sono accomunati da una caratteristica: hanno nel cuore dei valori, degli atteggiamenti. Continuano sempre a credere che il mondo può migliorare, che il futuro è carico di speranza, che i conti alla fine torneranno. Sono quelli che cambiano davvero il mondo. E questa certezza li riempie di pace, di serenità e fiducia anche nelle situazioni difficili.

Martedì 8: Gen 3,1-8; Sal 118 (119),1-8; Pr 3,1-10; Mt 5,13-16
«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5, 16)
Ogni volta che scegliamo di donarci, di amare i fratelli e le sorelle, si accende una luce in noi. Nel buio del mondo e dei cuori, brilla. La si può ignorare o darla per scontata, ma si vede. Quella luce non siamo noi, è Gesù in noi. Per questo non possiamo vantarci dei suoi frutti, come se fossimo noi gli attori: la nostra parte consiste nell’aver lasciato spazio al Risorto in noi. Per questo alla fine la “gloria” è tutta Sua. A noi la gioia semplice ma vera di essere stati, almeno per quella volta, suoi strumenti.

Mercoledì 9: Gen 4,1-16; Sal 118 (119),9-16; Pr 3,19-26; Mt 5,17-19
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5, 17)
Il comportamento di Gesù prestava il fianco a molte critiche, soprattutto nei confronti delle minuziose prescrizioni della legge a riguardo del sabato. C’era poi un’eccedenza di misericordia verso i pubblici peccatori che a molti appariva spropositata. E Gesù però precisa che di non aver infranto assolutamente nulla della legge di Dio, perché quella è eterna e invariabile. E comprendiamo perciò che quel “pieno compimento” di cui parla è l’amore. È questo il criterio insuperabile, perché Dio è Amore e non potrebbe comandare nulla di diverso da Sé. È l’amore che spiega tutta la legge e ci permette di capirla davvero.

Giovedì 10: Gen 4,25-26; Sal 118 (119),17-24; Pr 4,1-9; Mt 5,20-26
«Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione» (Mt 5, 25)
Questa minuscola parabola riguarda la prontezza nel cercare la pacificazione con i fratelli, nel ristabilire l’accordo con loro. Se indugiamo o lasciamo correre in realtà smettiamo di essere figli del Padre celeste, ci comportiamo come se non lo fossimo. E le conseguenze per noi diventano gravi, veniamo gettati in prigione. Parole che suonano forti per noi, che sappiamo trovare mille ragioni per lasciare le cose come stanno, anche quando i conflitti sono aspri o le relazioni sono addirittura interrotte. Da figli di Dio, il nostro compito è tendere con tutte le forze alla riconciliazione.

Venerdì 11: Nel Rito Ambrosiano la celebrazione della S. Messa è sospesa nei venerdì di Quaresima. Propongo perciò in questi giorni la lettura continua della Passione di Gesù Cristo secondo Giovanni.
«Gesù replicò: “Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano”, perché si compisse la parola che egli aveva detto: “Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato”» (Gv 18, 8-9)
Quando diciamo che Gesù è morto per noi, vogliamo anche dire che ha voluto difenderci fino alla fine, non ha avuto alcuna preoccupazione per Sé, si è addossato ogni responsabilità, perché i suoi discepoli rimanessero liberi, perché nessuno andasse perduto. È un dare la vita perché l’altro possa vivere. Si dimostra così l’unico salvatore di tutti, a nessun altro è stato torto un capello per causa Sua, finché Lui era in vita. Anche tra noi, quelli che amano davvero pensano solo agli altri, si trovano a disagio quando qualcuno si occupa di loro, non vorrebbero disturbare neanche quando sono nel bisogno.

Sabato 12: Os 6,4-6; Sal 111 (112); Rm 13,9b-14; Mt 12,1-8
«Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa» (Mt 12, 7)
Qui il concetto di misericordia si allarga. I discepoli vengono rimproverati per aver colto delle spighe in giorno di sabato. Gesù replica, scritture alla mano, che non hanno colpa. E Gesù coglie l’occasione per ribadire la grandezza sconfinata della misericordia, che non è quindi solo perdono della colpa, ma è sguardo che attende a giudicare, che crede alla bontà delle intenzioni altrui, è occhio di madre, di padre, che ipotizza subito il positivo e non parte mai dalla condanna. A Gesù interessa la misericordia che è un altro nome dell’amore. Molto più di qualunque sacrificio.

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