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Commento alla Parola: 07.02.2022 – 12.02.2022

Lunedì 7: Sir 35,5-13; Sal 115 (116); Mc 7,14-30
«Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine sirofenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia» (Mc 7, 25-26)
Quanta fede trova Gesù fuori da Israele, tra i pagani! Il centurione romano di lingua latina, la donna siro-fenicia che parla in greco: culture e lingue diverse, religiosità distanti da Israele o magari anche assenti. Quelli che per noi sono ostacoli, per Gesù non lo sono affatto. Lui ascolta il cuore, non si ferma all’apparenza. Incontra ciascuno nella sua verità, nella sua umanità. Cerca relazioni dirette, sincere, aperte dalla fiducia: quando le trova può agire senza limiti, in modo strabiliante, donando tutto. Occorre perciò vigilare sempre che la nostra vicinanza estrema con Lui (pensiamo all’Eucaristia) non si lasci trasformare in un ostacolo ad un incontro vero con lui, a causa della routine, dell’abitudine.

Martedì 8: Sir 28,13-22; Sal 30 (31); Mc 7,31-37
«Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano» (Mc 7, 31-32)
Gesù nella sua missione prende davvero il largo. Non rimane nei confini di Israele, ma cammina lontano, sfidando le incognite e gli imprevisti. E i Vangeli ci confermano che i frutti sono abbondanti, stupendi. Forse non sono i frutti che cerchiamo noi: infatti queste persone guarite non diventano quasi mai dei discepoli che si aggregano alla comunità, ma rimangono lì dove abitano, felici di comunicare il bene ricevuto. Il miracolo non ha secondi fini, è una atto d’amore disinteressato, perché così è Dio: ama far sorgere il sole su tutti i suoi figli, perché tutti conoscano la gioia di sentirsi amati.

Mercoledì 9: Sir 38,34c – 39,10; Sal 62 (63); Mc 8,1-9
«Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano» (Mc 8, 2-3)
Gesù vede la stanchezza della folla che lo ascolta e lo segue, si preoccupa per la loro fame. Non li affida alla Provvidenza, non compie per loro il miracolo di un facile rientro pur senza aver mangiato. Cerca e procura il cibo, mettendo in moto l’operosità e la fede dei suoi discepoli. È quello che succede anche oggi: Dio non fa piovere dal cielo il cibo per sfamare i suoi figli che nel mondo muoiono ancora oggi di fame, ma accende nel cuore dei suoi l’urgenza perché nessuno rimanga privo del necessario. Tutte le iniziative a favore dei più poveri e diseredati hanno la stessa matrice del miracolo della moltiplicazione dei pani: la condivisione che nasce da un cuore che ama i fratelli.

Giovedì 10: Sir 31,1-11; Sal 51 (52); Mc 8,10-21
«Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?» (Mc 8, 17-19)
Gesù ha offerto ripetutamente dei segni anche strabilianti della sua cura verso chi ha bisogno. Vorrebbe che i suoi la smettessero di rimanere in ansia per il pane quotidiano e si occupassero invece di ciò che a lui sta a cuore. A noi sembra curioso che i discepoli non riescano a sbarazzarsi di queste preoccupazioni: ormai con Gesù accanto a loro dovrebbero sentirsi al sicuro, dopo tutti i miracoli che hanno visto. Ma fidarsi, abbandonarsi è per noi un atteggiamento sempre coraggioso. Solo i bambini si fidano senza fatica, perché vedono l’amore e non dubitano. Per questo vivono nella pace, senza esitare ad ogni passo.

Venerdì 11: Sir 31,25-31; Sal 103 (104); Mc 8,22-26
Il vino è come la vita per gli uomini purché tu lo beva con misura. Il libro del Siracide non ci sta dando solo un consiglio su come rapportarci con l’utilizzo del vino, per non cadere nell’alcolismo. Ci sta dicendo una cosa più preziosa: che tante cose possono diventare la nostra vita, possono diventare belle grandi, ma se vissute con misura. E pensiamo quante volte alcune aspetti della nostra vita diventano prevaricanti sugli altri: l’utilizzo di alcuni beni, il desiderio di alcune cose, ma anche forse alcuni rapporti interpersonali che diventano totalizzanti e schiacciano la vita. Questa idea del far le cose con misura potrebbe essere la cosa preziosa per la nostra esistenza: non farti travolgere dai tuoi desideri e dai piaceri, anzi prendi tutto come un sommelier che sa centellinare, in modo da poter gustare. Questo è l’indirizzo che potrebbe prendere la nostra vita: gustare le cose prendendole nella giusta misura.

Sabato 12: Es 25,1.10-22; Sal 97 (98); Eb 9,1-10; Mt 26,59-64
«Allora il sommo sacerdote gli disse: “Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio”. “Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo”» (Mt 26, 63-64)
Gesù sa che dire la verità su di sé coinciderà con la sua condanna a morte. Eppure non si limita ad ammetterlo, ma lo annuncia con forza, cercando di presentare in poche parole l’immensità della sua potenza sul cosmo e sulla storia umana. Noi spesso troviamo modi e parole per dissimulare le nostre intenzioni, impariamo a dire e a non dire per non esporci troppo, a usare formule ambigue o interlocutorie. Gesù è diretto, deciso. Perché la verità non si annacqua, la si proclama, a condizione però di essere pronti a pagare di persona. L’annuncio della verità infatti è sempre un atto d’amore e l’amore ha un prezzo

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